Dettagli Recensione
Mah..
Esme Garland, ventitré anni, è una giovane ragazza inglese in quel di New York. Dottoranda presso la Columbia, la studentessa ha instaurato una presunta relazione amorosa con Mitchell van Leuven docente di economia appartenente ad una famiglia più che benestante. Vuoi per la disattenzione di lui, vuoi per l’ingenuità di lei, la jeune femme si scopre incinta (non ha bisogno nemmeno di constatare un ritardo nel ciclo per rendersene conto, è per lei sufficiente un mero maggiore appetito durante un pranzo con il compagno per appurarsene. Il test di gravidanza, non farà che confermare la sua autodiagnosi). Che fare? Abortire o tenere il bambino? Dirlo al padre oppure tacere? Alla fin fine escono soltanto da poche settimane ed hanno avuto un unico rapporto senza protezione… Sulla scia di questi pensieri la Gardland opta, senza francamente aver ponderato bene le conseguenze e la portata delle sue scelte, di proseguire con la gravidanza.
Sa benissimo di essere sola avendo i genitori in terra madre, di non poter contare sul professore, di non avere risorse economiche per mantenere il nascituro ma non vuole interrompere il flusso di vita che le sta crescendo dentro e così va avanti, con il dottorato da un lato, e trovandosi un lavoro presso la Civetta – una deliziosa libreria locale, dove presterà la sua opera nel pomeriggio – dall’altro. E’ qui che conoscerà Luke, George, Dennis e tutta una serie di personaggi che nel concreto la sosterranno nei mesi che l’aspettano.
Dal punto di vista amoroso, la ragazza si ostina. E’ chiaro ed inequivocabile che Mitchell non la ricambia; più volte infatti l’ha tradita, ha mal reagito alla rivelazione di poter diventare padre (non sia mai! Un figlio fuori dal matrimonio con il mio rango sociale? Ma non scherziamo) e non è mai venuto meno ai suoi impegni e ai suoi interessi per aiutare la libraia. In ogni momento, di difficoltà e non, lui non si è mai dimostrato disponibile inducendo Esme a fare affidamento quando sulla vicina di casa Stella, quando su Luke, quando sui colleghi di lavoro. E’ il classico padre padrone che la vorrebbe relegare dietro ai fornelli, e che insensibile ai desideri della fidanzata (arriverà persino a chiederle di sposarla pur di ottemperare all’errore fatto, richiesta che nel suo intimo cela una inesauribile sete di controllo), vorrebbe pianificare ogni sua attività giornaliera; attività in cui ovviamente non è contemplato il dottorato. Il lavoro? Nemmeno questo è apprezzabile poiché lo staff della Civetta è eccessivamente maschile.
E lei? Semplice, lei tace, assorbe e si fa schiacciare da lui sino alla “rivelazione”. Il problema è che Esme confonde l’amore con l’infatuazione senza accorgersi di chi ha veramente accanto, senza ascoltare quel che il suo istinto ed il suo cuore le sussurrano.
Stilisticamente l’opera non cattura, si perde in dettagli di poco conto, non approfondisce gli aspetti che al contrario avrebbero potuto fare leva sul lettore, primo fra tutti Luke e la Civetta. I personaggi non funzionano, sono scarsamente delineati, superficiali così come i dialoghi che li vedono partecipi. Non solo, l’autrice si incaponisce in modo aberrante sulla figura di Mitchell, che diventa una fissa per la protagonista (ed un riccio sotto un piede per il lettore), quando invece, sfoltendo su questo aspetto (che è quasi la totalità dell’opera, badate bene) e concentrandosi maggiormente sulla libreria e i rapporti umani – non necessariamente amorosi –, avrebbe reso l’elaborato nettamente più piacevole, di facile scorrimento e concreto. Il titolo è oltretutto fuorviante, inadatto, inadeguato.
Apprezzo l’idea del finale in sospeso, chiaro tentativo di dimostrare quanto la vita in realtà sia in bilico e quanto non si possa sempre auspicare al “lieto fine”, ma nel complesso il testo non convince, non arriva. Se si esclude la libreria, troppe sono le leggerezze, troppi gli aspetti tirati via, troppe le circostanze lasciate al caso.