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"Ho fatto un sogno"
"Ho fatto un sogno".
Il senso di tutto questo romanzo si concentra in questa piccola frase, che la protagonista ripete, quasi come un mantra, per giustificare la sua decisione improvvisa di non mangiare più carne (non mangiare, non cucinare, non servire, non guardare), e in questa frase è racchiuso il suo mistero, rimangono imprigionate tutte le sue motivazioni.
Visionario e onirico.
Ma anche feroce.
La scrittura della Kang è potente e riesce benissimo a rappresentare la storia di una negazione, di una sottrazione, di un annullamento come unico sistema per affermare la propria esistenza.
Scomparire per esserci.
Consumarsi per rinascere altro da sé.
Una vita trascorsa nella trasparenza, nella remissività, prima al servizio della violenza paterna, poi all'ombra di un marito cinico ed egoista che si serve di lei per nascondere la propria mediocrità.
Yeong-hye non rifiuta solo la carne, ma rifiuta il mondo nella sua brutalità, aspira ad una trasformazione radicale del proprio essere, aspira ad un'innocenza che non appartiene alla razza umana.
La protagonista è raccontata da tre punti di vista: quello del marito, quello del cognato e quello della sorella maggiore.
Ma nessuno dei tre riesce a rappresentarla veramente.
Il marito è troppo autoriferito e, di conseguenza, totalmente incapace di comprendere le ragioni di Yeong-hye, il cognato viene risucchiato in un vortice di "erotismo ed arte" che gli dà una visione alterata del problema, mentre la sorella, pur avvicinandosi di più al suo sentire, è troppo impegnata a mantenerla in vita e a venire a patti con il proprio fallimento per riuscire ad entrare davvero nel suo mondo.
Il tutto deve anche essere contestualizzato all'interno della società sudcoreana, dove vigono atteggiamenti molto lontani dai nostri rispetto alle scelte alimentari, ma è anche vero che questo non è un libro sul vegetarianismo, né sui fondamenti etici ad esso correlati, né su principi salutisti o estetici, ma sul malessere di vivere.
È un grido disperato.
È un "no" urlato senza voce.
Il primo "no" di una donna ingabbiata nella sua inesistenza.
Questo romanzo è stato un'esperienza forte, violenta, in alcune parti profondamente sensuale, permeato da un desiderio di incorporeità, di trascendenza, dove ad un costante bisogno di mangiare per sopravvivere si contrappone un disarmante "Perché, è così terribile morire?".
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Commenti
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Tu l'hai un po' ridimensionato : va bene così.
Mi è piaciuto moltissimo...un libro difficile da classificare, ma assolutamente da leggere!
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