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La vita non è giusta
Una - apparente - fiaba sul "vero amore" che viaggia su piani diversi.
L’autore la racconta, immaginando di riadattare una storia che gli venne letta dal padre quando aveva dieci anni ed era costretto a letto da una polmonite. L’adattamento è fatto ad uso del figlio che, ricevuto in dono per il decimo compleanno lo stesso libro, si arena al secondo capitolo. Goldman ci racconta in che modo “adatta” il testo di tal Morgerstern (che in realtà non esiste, ci tiene a precisare wikipedia), cosa contengono le parti omesse, inserisce spezzoni della lettura del padre, commenta, torna indietro, riprende…
Insomma metalettura e metanarrazione (o metà quello che volete). La storia funziona e, come dicevo, è apparentemente una fiaba sul “vero amore” che tanto per cambiare trionfa sempre. Ma anche no. O almeno solo apparentemente. Perché con una buona dose di umorismo bello ebraico, l’autore mette molto e molto di più, in scena. Spesso in modo dimesso (e folgorante) c’è cattiveria pura (e non dai personaggi da cui l’aspetteresti – tipo la protagonista bella&buona, ma non solo e non sempre), ironia, satira, disperazione, paura, amicizia e lealtà, ma anche meschinità e tradimento. In parecchi punti ridi, sorridi e qualche volta ti commuovi anche.
E soprattutto scopri (o ti ricordi) chi diavolo sia Inigo Montoya. Forse la parte che mi è piaciuta di più è la sua amicizia con il gigante turco Fezzik. Entrambi soli, spaventati, pieni di talenti e fondamentalmente incapaci.
«Non hai capito nulla, ma non importa visto che quello che in realtà significa è che sei contento di vedermi quanto io sono contento di vederti perché così non siamo più soli.»
Ma pure Buttercup che sì è bella e amorosa, ma ignorante come un tacco di scarpa, pragmatica, attaccata alla vita e disposta a lasciarsi dietro “una scia di cadaveri” e non è male neppure il principe cattivo e a guardar bene neppure Westley (aperta parentesi. Fra il duello fra l’Uomo in Nero e Vizzini e Westley stesso… ho idea che Moffat tenesse questo libro sul comodino quando pensava a Sherlock. Chiusa parentesi).
In conclusione la fiaba è assolutamente godibile, ma c’è molto molto di più in questa storia.
Soprattutto c’è che la vita non è giusta «che lo sia lo diciamo ai nostri figli, ed è una cosa terribile: non solo è una bugia, ma una bugia crudele. La vita non è giusta, non lo è mai stata e non lo sarà mai (…) è appena un filino più decente della morte, tutto qui.»