Dettagli Recensione
Ogni uomo è un poeta
Un’agenzia che distribuisce riviste, una redazione di un quotidiano, un magazzino contenente pezzi di ricambio per auto, una fabbrica di biscotti per cani, un negozio di abbigliamento, una ditta di impianti di luce al neon, un’altra specializzata in articoli natalizi, un albergo.
Henry Chinaski, alter ego letterario di Charles Bukowski, è un “factotum”. Svolge con quotidiana indifferenza una serie interminabile di squallide mansioni, nei più disparati posti di lavoro, da una parte all’altra dell’America tra New Orleans, Los Angeles, New York, Filadelfia, Miami, St Louis.
“Fare i bagagli è sempre divertente”.
“Factotum” è il racconto di un uomo solitario che vive alla giornata tra umiliazioni di vario genere, ubriacature pesanti, scommesse alle corse dei cavalli, estemporanee compagnie discutibili ed occasionali donne più o meno disperate. Un individuo fondamentalmente passivo, privo di ambizioni, che passa da un incarico all’altro in modo quasi casuale, con la sola preoccupazione di guadagnare quel poco che basta per bere, mangiare, trovare un posto dove dormire.
Bukowski descrive il personaggio (e di conseguenza se stesso) senza alcun intento moralistico o rivoluzionario. Non c’è il fascino del ribelle, del maledetto, del “bad boy”. È semplicemente la storia di un perdente che si racconta per quello che è e tratta il fallimento con un’indifferenza opposta all’ideale del sogno americano, imbevuto di determinazione ferrea e quotidiano duro lavoro.
Non è assolutamente adatto a vivere in un universo competitivo, nel quale si esigono requisiti idonei per svolgere perfino le mansioni più ripugnanti. Non sopporta i colloqui di lavoro. Detesta i moduli per l’impiego da compilare. Così come il fatto che per essere assunto deve omettere le diciotto segnalazioni per ubriachezza molesta e i lunghi periodi di disoccupazione, passati in compagnia di qualche poveraccia in fuga da un manicomio o da un matrimonio disastroso.
Non riesce a capire come possa essere divertente alzarsi alle sei di mattina, saltare giù dal letto, mangiare qualcosa controvoglia, andare in bagno, buttarsi nel traffico per raggiungere un luogo dove si fanno i soldi per conto di qualcun altro. Preferirebbe restare a letto, a bere. Perché quando beve, il mondo è sempre là fuori ad aspettarlo, ma per un breve lasso di tempo sembra concedergli una tregua.
E in mezzo alla totale assenza di una trama tradizionale e alla fastidiosa sensazione che niente possa mai cambiare nel protagonista, Bukowski sa sempre regalare perle rare, disperate, di sincera consapevolezza e conoscenza dell’animo umano.
“Quella notte dormii al parco. Fui svegliato da quello che sembrava un ruggito. Non sapevo che gli alligatori ruggissero. Sentii un rumore secco di mascelle che si chiudevano. In mezzo allo stagno c’era un marinaio ubriaco e teneva uno degli alligatori per la coda. L’animale cercava di voltarsi e addentare il marinaio ma aveva qualche difficoltà. Le mascelle erano spaventose, ma lente e sconclusionate. Un altro marinaio e una ragazza stavano a guardare e ridevano. Poi il marinaio baciò la ragazza e se ne andarono insieme, lasciando l’altro a lottare con l’alligatore”.