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L'orrore e l'ardore di Ardis
“... e nel pronunciare il nome alla russa gli diede il suono della parola «ardor»”.
Romanzo dallo stile raffinato e un tantino snob, ricco di digressioni dotte, giochi di parole, citazioni, ammiccamenti, frasi in russo e francese.
Fra tutto questo, si articola una storia d'amore che infrange il tabù dell'incesto con tale grazia da indurre il lettore a chiedersi dove stia in realtà la perversione, che emerge a tratti come in un surplus di erotismo per lo più sfumato, per riguardo vero o simulato verso quella che non senza malizia è presentata come una “cronaca familiare”.
L'influsso proustiano e i continui rimandi, nella prima parte, allo scrittore francese, giustificano tutto, nell'incanto della memoria:
“Mi ricordo sempre quell'azzurra mattina sul balcone, quando tu mangiavi una di quelle tartines au miel, che in francese sono tanto più buone”.
Si parla di Ada, figura femminile enigmatica, sensuale, viziosa, una via di mezzo tra l'Albertine di Proust e la Micòl di Bassani, sullo sfondo di un' “Antiterra” dove la collocazione geografica dei paesi avvicina Stati Uniti e Russia, rispecchiando il background culturale dello scrittore.
Ad Ardis Hall, tenuta di famiglia immersa nel verde, avvolta fin dall'inizio dal velo soffuso e nostalgico del ricordo, si accende la passione tra i due giovanissimi “cugini”.
Impeccabile l'affresco che Nabokov ne tratteggia, con parole che incantano come musica e disdegnano tra le righe chi non riesce ad immergersene: “Ada, gli ardori e gli alberi”.
E' l'incontro, crudo e soave, tra due corpi dissoluti e due anime legate indissolubilmente.
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