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Ebraismo tra vita, rimpianti e ricerca di un senso
Come si vive l' ebraismo all' interno della famiglia Bloch, da tempo in crisi, in cui tutti provano ad essere un qualcosa che diventa ricerca di una rappresentazione scenica migliore anziché di una vita migliore?
Washington, l' oggi, un nucleo famigliare composto da Jacob, scrittore di serie televisive, sempre sulla porta, ad aspettare, come guardasse se stesso scomparire e Julia, architetto che non ha mai costruito un edificio, moglie infelice, che progetta e sgretola in silenzio la quotidianita'.
Tre figli, Sam, adolescente critico e cervellotico, che trascorre in prevalenza il proprio tempo nel mondo virtuale di Other Life, Max, di un' empatia estrema ed alienazione autoimposta e Benjy, l' ingenuità' della giovinezza.
In mezzo quella cerimonia da celebrare, il Bar Mitzvah, l' arrivo dei parenti da Israele, un terribile suicidio all' interno della famiglia, la lunga e dolorosa malattia dell' amato cane Argo, un fortissimo terremoto che colpisce il Medio Oriente e la guerra dichiarata allo stato israeliano.
La corposita' del romanzo abbraccia presente e passato, in una interconnessione tra storia e sentimenti, vicende inesplorate e nebulose, sofferenze che ritornano, storie da raccontare, rimpianti, dolorose presenze, accompagnate da quella precisa identità ebraica, fatta di cultura, religione, tradizioni da rispettare e cerimonie da celebrare.
L' oggi ha l' aspetto tumefatto di una coppia in crisi, e parte da quel cellulare abbandonato, da messaggi inopportuni e scandalosi, dalla possibilità di un tradimento, solo intellettivo, che trascina dubbi e certezze da tempo consolidate e un epilogo che segna l' inizio di qualcos' altro.
Tutti, all' interno della famiglia Bloch, conoscono la verità, ma nessuno la rappresenta, la loro vita e' un insieme di non domande, di attese, di silenzi o solo di immaginazione.
Julia e Jacob si nascondono dietro il lavoro e la gestione della propria quotidianita', in una dicotomia profondita'-divertimento, pesantezza-leggerezza. Lei considera l' infanzia come periodo di formazione dell' animo, e lega i propri figli a regole integerrime, lui valuta i problemi con leggerezza, in un approccio ludico e spensierato.
Il loro matrimonio non funziona e sovente si fermano silenti, senza condivisione, esplorando ( insieme ) gli spazi circostanti ciascuno per conto proprio o cercando la felicità' che non hanno a spese della felicità di qualcun altro.
Sam sa che i genitori divorzieranno, ed ha scelto la malattia perché non conosce altro per rendersi visibile. La somma delle loro presenze diviene assenza, ma in fondo ognuno ha paura esclusivamente della propria solitudine.
Ed allora l' ebraismo come si pone all' interno di una vita e di una famiglia siffatta? Come affronta la contemporaneita' e quali risposte da' alle problematiche di un mondo iperconnesso, alla fragilita' dei sentimenti, alla vulnerabilità' dell' essere umano, ai nostri figli, ed al proprio passato tormentato, irrisolto, con la tragedia vissuta, il dolore della memoria, rigide tradizioni ancestrali e cerimonie identificative, oltre che precetti ben delimitati e delimitanti?
E poi vi è una questione geopolitica, lo stato di Israele, il " nemico " arabo alle porte, i conti con la propria storia ed identita', e quell' essere ebrei in patria ed a migliaia di chilometri di distanza.
Vi è un duplice piano, una discussione intra-famigliare che vede i " vecchi "(Irv) su posizioni ideologiche radicali, irremovibili, così come i quarantenni ebrei di Israele ( israeliani ) pronti a dare battaglia per la sopravvivenza del proprio stato,( Tamir ), mentre gli ebrei d' America hanno occhio critico nei loro confronti ed i propri figli dialogano a migliaia di chilometri di distanza con i problemi di una adolescenza che antepone la sfera privata, il se', l'autoriconoscimento, al centro del mondo, chiedendosi giustamente: " E se la guerra non finisse mai "?
Lo stato d' Israele vive di profonde contraddizioni, in una terra arida ma resa fertile, tra ricchezza, cultura, ipermodernismo, conservatorismo e posizioni filoamericane.
Tra le pagine traspare l' identità dell' autore, ma anche la denuncia di una ancestralita' che intralcia la modernità oltre che di un passato e di un presente vissuti in prevalenza tra rimpianti e senso di persecuzione.
La conservazione della memoria e del dolore deve lanciare un occhio al futuro, l' identità non puo' precludere la possibilità di vivere pienamente la propria esistenza.
E gli ebrei americani? " Farebbero qualunque cosa salvo praticare l' ebraismo per instillare nei loro figli un senso di identità ebraica. "
Sam ( da adolescente ) riflette sul passato, sui campi di sterminio, sulle atrocità della guerra, sugli odiati tedeschi, su quelle migliaia di corpi straziati le cui immagini ha visto e rivisto.
Ha la consapevolezza che " ...la sua vita e' inestricabilmente connessa a quella sofferenza in un' equazione esistenziale con le loro morti. Oppure e' un semplice sentimento, ma l' argomento in famiglia non è mai nominato, esplicitato, e' una non-conversazione. E cos' e' quel sentimento? Ha a che fare con la solitudine ( sua e altrui ), con la sofferenza ( sua e altrui ), con la vergogna ( sua e altrui ), con la paura ( sua e altrui )..."
Eppure " ... non e' davvero nessuna di queste cose ne' la loro somma. E' il sentimento di essere ebreo. Ma di che sentimento si tratta? ..."
Probabilmente è la fede, l' amore, il vivere nel mondo, il riconoscere l' unicita' della vita in quella sinagoga che è la nostra casa, circondati dalle persone che amiamo, dalla nostra famiglia, prima che sia troppo tardi ( per Jacob ) e si cerchi disperatamente ( dall' esterno ) di forzare quella porta che può essere aperta solo dall' interno, senza esserci accorti di avere vissuto lì dentro.
Il tema della famiglia, intesa in senso allargato, primeggia tra le pagine, insieme ad un velo di solitudine e di rimpianto, e lo scorrere inevitabile del tempo cambia e corregge il passato, indirizza il presente, prevede il futuro, che è e sarà la somma del vissuto senza possibilità' di ritorno, o di correzione, un po' amaramente, con dei rimpianti ( da parte di Jacob ) ma coscientemente, perché questa è la nostra vita.
Il ritorno di Safran Foer ci consegna un testo impegnativo, denso di sfumature, dettagli, la difficoltà sta nel creare ed incastrare una storia famigliare ( i Bloch ) all' interno di una vicenda secolare ( l' ebraismo ) con vista sull' oggi.
L' autore indubbiamente da' prova del proprio talento letterario, con una sapiente e sorprendente creativita' narrativa, intelligenza, umorismo, sarcasmo, in tratti descrittivi onirici, metatemporali, in un fluttuare di termini significanti nel contesto trattato, nell' uso del linguaggio della tradizione ebraica per riaffacciarsi, d' improvviso, sull' oggi, con dialoghi e termini della contemporaneita'.
La fusione di più elementi traccia l' uniformita' del racconto anche se talvolta si cade nella prolissita', si ripetono situazioni e contenuti che si perdono nella corposita' della storia.
Senza dubbio trattasi di un romanzo sorprendente, vivace, ben scritto, la cui lettura e' consigliata, pur nella consapevolezza della difficolta' di una recensione chiara ed esauriente di un' opera dalle attese e pretese importanti.
Buona lettura
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Commenti
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Io sono letteralmente "arenata" a pagina 72 di questo libro, trovo che a livello stilistico manchi di bellezza nella costruzione delle frasi, anzi, l'uilizzo di determinate parole rendono il tutto pesante senza una logica che ne faccia apprezzare l'intento, forse è la traduzione italiana, non conosco abbastanza l'inglese da cimentarmi nella lettura in lingua. Inoltre la pesantezza con cui si approccia a certi temi, in questo caso la crisi matrimoniale di Julia e Jacob non aiuta a renderlo attrattivo. l'unico aggettivo a cui lo associo è davvero la parola pesante...
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