Dettagli Recensione
Forse scontato, ma molto coinvolgente
Romanzando, in quale proporzione non è dato sapere, o inventandosi il passaggio all’età adulta del nonno durante l’assedio di Leningrado, Benioff scrive un libro allo stesso tempo di formazione e di avventura capace di coinvolgere dalla prima all’ultima pagina: non racconta nulla di nuovo, ma lo con notevole efficacia dando alla narrazione un ritmo serrato debitore con ogni probabilità dell’occupazione principale dell’autore, ovvero lo sceneggiatore cinematografico. Un eccesso di bianco-o-nero potrebbe indispettire un lettore particolarmente esigente, ma il piccolo difetto è ben compensato dall’accurata resa delle psicologie nonché dell’interazione fra i giovani protagonisti aggiunti alla ricostruzione ambientale che trasporta a Piter (il nomignolo affibbiato dagli abitanti a quella che è tornata a chiamarsi san Pietroburgo) e dintorni nell’inverno del 1941. Il quindicenne Lev e il poco più anziano Kolja scampano alla fucilazione per futili motivi (sono un ladruncolo e un disertore, entrambi involontari) per essere spediti alla ricerca di uova in una città in cui mancano le basi stesse della sussistenza, stremata com’è dal freddo e dai bombardamenti: le peripezie li condurranno prima attraverso gli orrori che si nascondono fra palazzi fatiscenti ed esseri umani trascinati dalla fame ai limiti (e oltre) della pazzia per poi portarli ad affrontare quelli diversi eppure altrettanto terribili che tormentano le campagne innevate nelle quali i contadini sono abbandonati ai feroci capricci dell’invasore. Al termine di una serie di avventure tra l’horror e il picaresco, la strana coppia approda a un appropriato finale dolceamaro grazie all’abilità con gli scacchi di Lev unita a una buona dose di incoscienza: tutto è bene quello che finisce (quasi) bene e non è una sorpresa, anche perché il capitolo iniziale lo mette da subito in chiaro. In aggiunta agli avvenimenti incastrati con i tempi giusti, il punto di forza del romanzo sta nella caratterizzazione dei personaggi, con l’insicuro e ancora bambinesco protagonista trascinato dalla sfrontatezza di Kolja, sciupafemmine e coraggioso, ma pure timido nelle sue aspirazioni di romanziere. Attorno a loro si muove una folla di figure per mezzo delle quali vengono evocate le difficoltà del momento storico, tra profittatori e imboscati, cannibali e prostitute (entrambi per disperazione), civili vittime e militari impreparati: su tutti incombono l’incubo della fame e della ferocia nazista in un modo che non si sa dire quale sia la minaccia peggiore.