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Seconde possibilità
Nella vita di ognuno di noi arriva il momento in cui bisogna crescere e assumersi le proprie responsabilità. Può succedere con la fine degli studi, con l’andare a vivere da soli o com’è successo alla protagonista di questo libro, Letty, quando i suoi genitori decidono di tornare in Messico e lei si ritrova a fare per la prima volta la madre.
Il panico, il fallimento e la paura di crescere, fanno iniziare questo romanzo che affronta un tema davvero particolare. Molti genitori che si ritrovano una figlia diciottenne incinta, possono decidere di far continuare alla “ragazza” la sua vita (anche se deve abbondare gli studi e lavorare per i figli) e di caricarsi sulle spalle un bel po’ di responsabilità e crescere i nipoti. Può essere un bene o meno, ma cosa succede quando una “ragazza di trentatré anni” (il termine ragazza è voluto) si trova a dover fare da madre dalla mattina alla sera a un figlio di quindici anni e una bambina di sei?
Il mondo di Letty viene stravolto e per una volta deve contare solo sulle sue forze e sull’istinto di sopravvivenza e di madre. Le difficoltà da affrontare saranno molteplici e non sempre i risultati alla fine saranno quelli sperati.
Una ragazza che deve diventare una madre e un adolescente (Alex) che deve riconoscerne il ruolo e affrontare anche lui le sue battaglie e le sue sfide, renderanno questo romanzo una lettura piacevole e profonda, intervallata da sospiri di sollievo e da ostacoli quasi insormontabili. Le difficoltà della vita sono più pesanti se nasci dalla parte sbagliata del “ponte”.
Vanessa Diffenbaugh è conosciuta al pubblico con il suo primo romanzo “Il linguaggio segreto dei fiori”, che ho letto qualche anno fa e personalmente ho preferito questo secondo.
Il romanzo è ben strutturato e abbastanza credibile, la cosa che invece non mi ha convinto è il finale. Forse è una mia considerazione personale, ma per me la parte finale incide molto sulla valutazione dell’intero romanzo, alla fine è quella che ti rimane più impressa e spesso ti riporta alla rilettura stessa del libro. Ultimamente sono molteplici i romanzi che mi ritrovo fra le mani in cui gli autori s’impegnano per gran parte del romanzo e sul finale, tirano via, come se due paginette tirate e striminzite, possano bastare a colmare le lacune lasciate lungo il percorso. Avrei preferito più sostanza e meno immaginazione, è vero che ogni lettore ne ha tanta, ma in alcuni casi può infastidire doverla usare.
Rimane comunque un romanzo che consiglio, molti gli interrogativi e le riflessioni che il lettore si ritrova a fare. Da questo libro si capisce bene l’importanza del dialogo e di come la comunicazione sia alla base di ogni rapporto.
Buona lettura!
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Commenti
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La mia valutazione per questo libro, fino a poche pagine dalla fine, era molto più alta (dal punto di vista della piacevolezza), l'ho abbassata a tre proprio per il senso di insoddisfazione e la voglia di sapere qualcosa in più. Te lo consiglio rimane comunque un buon libro.
Fede
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Ma sai che anche a me ultimamente capitano spesso finali "affrettati", che mi lasciano una sensazione vagamente insoddisfacente?
Eppure "Il linguaggio dei fiori" mi era piaciuto, terrò in considerazione questo titolo.