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Qualcosa da salvare tra la ruggine
“L'unico a sapere che esisti sei tu”.
Il romanzo inizia bene, fotografando in modo efficace una realtà di solitudine e demotivazione conseguenza della crisi socio-economica americana e in particolare di un piccolo centro della Pennsylvania, pullulante di acciaierie dismesse. Ci sono più monologhi interiori che dialoghi, a sottolinerare la radicale incomunicabilità tra i personaggi, che si amano ma non si capiscono e si perdono, consapevoli di poter contare solo sulle proprie forze per andare avanti.
Allo squallore generale fa da contrasto - altra nota positiva - la bellezza di una natura che trasmette forza, e una timida speranza.
Eppure, qualcosa nel lungo periodo non funziona: la narrazione rallenta e diventa ripetitiva, le emozioni di qualcuno si fanno monche e bidimensionali, come se l'autore avesse trascurato di approfondirle, e si calca un po' la mano su certe situazioni.
L'ultima parte, scontata e alla “volemose bene”, guasta definitivamente l'insieme.