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"Siamo ciechi che vedono..."
Per anni ho rimandato la lettura di questo libro, ne avevo timore, l'argomento trattato mi metteva una certa inquietudine ...ed oggi posso dire che la mia titubanza non era immotivata, questo romanzo ti mette a dura prova, ti terrorizza e ti colpisce duro.
Anzi, direi che questo non è un romanzo, è un esperimento mentale...che rende difficili e ansiogene le tue notti come neanche il miglior horror riesce a fare.
La paura che le scene descritte possano prendere forma al di fuori delle pagine del libro e coinvolgere anche te in quel mare bianco, non ti abbandona mai...
Ma soprattutto non ti abbandona il senso di disagio dovuto al fatto che Saramago sia riuscito, attraverso un racconto apparentemente "surreale", a raccontarci il mondo in cui viviamo, la sua ferocia, la sua indifferenza, una società, la nostra, in cui vige la legge del più forte...per cui la paura iniziale che le parole scritte potessero superare la barriera della carta stampata, si trasforma in terrore vero e proprio nel momento in cui ti accorgi che quell'inferno è già intorno a te.
La "cecita" di cui è impregnato il libro, infatti, non è tanto quella fisica, ma quella dell'animo...perché nel momento in cui si perde ogni forma di umanità, di compassione e di solidarietà, di rispetto per gli altri, ma anche verso se stessi, laddove l'egoismo più brutale e la violenza la fanno da padrone, per gli uomini non c'è più nulla, nessun futuro...è la fine, l'Apocalisse.
La scrittura di Saramago è ipnotica, fluida nonostante la mancanza di punteggiatura nei dialoghi diretti e la totale mancanza di nomi propri, ma è anche claustrofobica, fredda e analitica...non c'è traccia di "emozione" nelle sue parole, nessun balsamo per l'anima.
"Siamo ciechi che vedono"...questa frase racchiude tutto il senso del romanzo.
Posso tranquillamente affermare, senza paura di smentita alcuna, di aver appena terminato la lettura di un CAPOLAVORO.