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Le gambe matte di Ágústína
E’ un romanzo poetico, creato dalla immaginazione brillante e leale di Auður Ava Ólafsdóttir. I luoghi sono i veri protagonisti delle sue storie: stavolta, un villaggio e una piccola e indaffarata comunità in Islanda, sul mare, a nord del mondo. La vicinanza al circolo polare artico consente che in giugno e parte di luglio e maggio non ci sia la notte e che d'inverno, invece, il sole si alzi poco sopra la linea dell'orizzonte per non più di 4 ore al giorno.
Mi appassiono all’adolescenza complessa e tenera di Ágústína, figlia di una madre ornitologa girovaga e di un padre esperto di balene che, probabilmente, ignora la sua esistenza.
Ágústína è il nome scelto da Nína, la donna che la protegge e la cura, alla quale è stata affidata: come Augusto imperatore che ha potuto vivere al di qua e al di là dell’anno zero ed è così diventato sia un uomo del più sia un uomo del meno. Ed è sempre Nína che la invita ad assecondare la sua curiosità, giacché “spesso ci si dimentica di guardare ciò che sta fra le cose, quando in realtà è proprio quello che c’è in mezzo a tenerle assieme …e conta tanto anche lo spazio vuoto, o lo spazio intermedio.” p.35.
Senza il buio, il tempo appare immobile. L’accecante sole e il vento pungente del nord educano il corpo e l’intelletto della giovane che si trascina con le sue stampelle come una foca fra i faraglioni. Ágústína lentamente, affinando l’intuizione e il pensiero, diviene una sirena che seduce e incanta. Discreta e introversa, dotata di intelligenza feconda, è creatura che appartiene alla natura, alla bassa marea della spiaggia e alla vetta della Montagna che desidera scalare con la complicità degli scarponcini da trekking ricevuti per il suo compleanno.
Ágústína e le sue gambe matte diventano grandi grazie alle relazioni, anche in assenza, e alle parole: quelle scambiate con Salómon, figlio adolescente della maestra del coro e quelle lette ne L’idiota di Dostoevskij, le parole ricevute per posta da sua madre e le parole scritte e spedite in bottiglia per suo padre.
La necessità di conoscenza, di comprensione, di riflessione, di dialogo rappresentano il fil rouge della vicenda umana e della storia narrata. E’ importante riconoscere il copione che libera e trattiene, che identifica e limita, ritrovato in un baule, su un foglio che sua madre ha scritto tanto tempo prima:
“…tante altre cose accomunano donne e uccelli: adattabilità, mobilità, inquietudine fisica dipendente dall’accorciarsi oppure dall’allungarsi dell’orbita solare, desiderio di spostamenti frequenti. Ci potrebbe essere dovuto al fatto che la percezione del tempo negli uccelli è simile alla percezione del tempo nella donna…” p.108
“Tua madre era persa in cielo coi suoi uccelli, tuo padre immerso nelle profondità delle sue ricerche sottomarine. Io credo che si siano incontrati a metà strada, cioè su, al campo di rabarbaro.”p.92