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Il mio cerbiatto
Come parlare della morte in guerra del proprio figlio, una guerra assurda, una morte assurda, senza scrivere qualcosa di insopportabile, di troppo tragico, di troppo personale, senza far chiudere il libro al lettore o calarlo nella disperazione? Come scrivere qualcosa che non parli di morte ma in qualche modo renda vivo e presente quel figlio? David Grossman ci riesce a fare tutte queste cose, in un romanzo bellissimo, toccante, geniale, intenso. Un romanzo che non parla mai di morte, quasi mai, ma di ciò che c'è di più vivo nell'uomo: l'amore, l'amicizia, i sentimenti vissuti in modo assoluto, nella ricerca di limpidezza, di sacrificio per l'amico, nella generosità e nella preoccupazione per l'altro.
Perciò la morte è relegata all'ultima pagina, mezza pagina, come l'ultimo ostacolo, quello che non si può saltare da soli ma che richiede di tenere per mano l'amico per potercela fare.
Con quella mano magari chissà, anche la morte è un sonno provvisorio da cui c'è un risveglio, è una pausa come lo stato di Ilan (uno dei due amici) all'inizio del romanzo molto simile alla morte anche se non vera morte
Il romanzo ha un incipit e un excipit bellissimi.Racconta una storia d'amore, ma soprattutto d'amicizia, David fa sempre un po' di confusione tra le due cose. Due amici sono innamorati della stessa donna e anche il loro rapporto è un po' più che amicizia (vedi le braci di Marai) componendo così un triangolo equilatero perfetto. Per amor di simmetria la donna ha un figlio con entrambi gli amici. Il figlio di Avram, Ofer(il cerbiatto) è in guerra. Avram non ha mai voluto conoscere il figlio. Nel romanzo Orah, la madre di Ofer fa un viaggio con Avram e durante il viaggio racconta a Avram la sua vita e il figlio facendo entrare Ofer (e non solo) nel cuore del lettore. Il libro è bellissimo e anche ogni amico si innamora un po' dell'amico/a, i rapporti tra le persone sono profondi, i personaggi vivi. Anche la storia d'amore tra Avram e Orah è molto bella, anche troppo, a volte sembra così intensa che la presenza di Ilan, l'altro amico e marito di Orah, diventa incomprensibile. Credo che sia un artificio narrativo,la separazione forzata tra due persone che si attraggono tanto, per poter raccontare e tenere desta l'attenzione del lettore sia per la vicenda personale dei tre amici che dei loro figli. Forse alcune pagine sono di troppo, ma non è certo facile per un editor tagliare pagine anche superflue scritte così bene.
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