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L'eterna speranza di una vita migliore
" Personalmente tratto l’ebreo come simbolo della tragica esperienza dell’uomo esistenzialmente. Cerco di vedere l’ebreo come uomo universale. Tutti gli uomini sono ebrei, anche se non lo sanno.”
Con queste parole Bernard Malamud delineò le caratteristiche dei protagonisti dei suoi romanzi sul Jerusalem Post del primo aprile del 1968, come ricorda Elèna Mortara Di Veroli nel bell’articolo dedicato all’autore, contenuto nel secondo volume della Letteratura Americana – I Contemporanei - edita da Lucarini.
È in questa prospettiva che meglio si comprende la figura di Seymour Levin, il protagonista di “Una nuova vita” pubblicato per la prima volta nel 1961 e uscito recentemente nella nuova veste editoriale della Minimum Fax. Insegnante di Letteratura Inglese, Seymour giunge ad occupare il posto di assistente in una piccola Università del West, dopo aver abbandonato New York, spinto dall’ esigenza di cambiare vita e dimenticare un passato da alcolizzato figlio di un carcerato. Ed è proprio metaforicamente la condizione paterna che si trasferisce su Seymour, prigioniero dei suoi errori dei quali ripetutamente cercherà di liberarsi e che, tuttavia, ripeterà sia pure in forma e modi diversi. La sua è una prigione interiore dalla quale desidera fuggire alimentando una ambizione professionale che si scontra con il muro di ostilità eretto intorno a lui dai cattedratici del College in cui lavora. L’ambiente in cui si trova a esercitare altro non è che la riproduzione di quella parte della società americana degli anni cinquanta, più retriva, più restia a rinnovamenti sociali e culturali. È l’America del maccartismo che nasconde una spontanea tendenza a celarsi dietro la maschera del Ku Klux Klan. Il college della Cascadia University diviene dunque un microcosmo nel quale si realizzano tutte le dinamiche della vita sociale e politica del paese e Seymour si trova drammaticamente in bilico tra la grettezza dell’ambiente in cui vive e il sogno di una vita migliore coronata persino da qualche successo professionale. L’ambiguità della sua vita è accentuata da un amore appassionato che si trasforma in tiepida rassegnazione, nel momento in cui la sua realizzazione si rivela complicata e rischiosa per la carriera. Dunque il destino di Seymour si perpetuerà nella continua ricerca di un se stesso libero dalle meschinità e dal calcolo. “Essere buoni, poi cattivi, poi buoni, non era un sistema morale di vita, ma essere buoni dopo essere stati cattivi era una possibilità che la vita offriva.”
Seymour rappresenta dunque l’antieroe, l’uomo qualunque il cui destino è continuare a lottare per vivere e sopravvivere. Poco importa che sia ebreo. È solo un uomo.
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Niente eroi per Malamud. Di lui ho letto solo "Il commesso": ho presto capito che è un grande scrittore.
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