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Il Cristianesimo secondo Carrère
Non è facile classificare questo lavoro di Carrère. In parte si tratta di un’opera autobiografica nella quale l’autore ci confessa (verbo quanto mai appropriato…) il periodo della sua vita in cui era un fervente cattolico, andava a messa quotidianamente ed aveva trovato quella pace interiore così necessaria per superare i suoi momenti di crisi. Questo per tre anni, al termine dei quali qualcosa è cambiato, nuovi stimoli sono sopraggiunti, la fede ha lasciato il posto a tanti dubbi e ad un agnosticismo conclamato che rappresenta il corso del “nuovo Carrère”.Tuttavia l’esperienza vissuta ha lasciato delle tracce nella mente dello scrittore ed è emerso il desiderio di riflettere e ragionare su due figure ritenute vitali e nevralgiche nella storia del Cristianesimo: Paolo, autore delle celebri lettere contenute nel Nuovo Testamento, e l’evangelista Luca, autore di uno dei quattro Vangeli canonici oltre che degli Atti degli Apostoli.
Carrère quindi inizia a illustrare con un linguaggio accessibile e facilmente comprensibile, la vita di San Paolo, a partire dal momento della conversione sulla via di Damasco fino al suo arrivo a Roma, in attesa di essere giudicato dai romani per problemi di ordine pubblico, causati dalla sua predicazione nei territori dell’impero. Il ritratto che viene fatto di Paolo è quello di un uomo furbo, abile oratore, sobillatore di masse, dotato di un forte carisma e capacità comunicative fuori dalla norma. Tutte caratteristiche che hanno indubbiamente agevolato la diffusione della nuova fede, tanto tra gli ebrei quanto tra i “gentili”. Paolo si è fatto portatore della parola di Gesù ed anche grazie al contributo dei suoi discepoli e amici fedeli come Timoteo e lo stesso Luca, rimasto folgorato dalla sua predicazione tanto da riportarne il resoconto negli Atti degli Apostoli, ha così gettato i semi della nuova religione, in evidente antitesi al giudaismo ed al paganesimo romano imperanti nel mondo allora conosciuto.
Complessivamente trovo che l’idea alla base del libro di Carrère sia accattivante e interessante, se non altro perché lo stesso autore ammette candidamente il proprio cambiamento di punto di vista, guardandosi indietro ora che si definisce agnostico e compatendo sé stesso ed il periodo in cui era stato folgorato sulla via di Damasco. Tuttavia, nonostante i diversi riferimenti e le citazioni di esegeti biblici, il tutto può risultare eccessivamente semplificato e la visione d’insieme sulla predicazione di Paolo piuttosto parziale e discutibile. Come ammette lo stesso Carrère certi passaggi non sono supportati da verità storiche ma vengono in qualche modo romanzati, in quanto ritenuti realistici o comunque verosimili. Paolo viene descritto come la mente, è quello che ai nostri giorni potrebbe definirsi un uomo del marketing, molto abile nel vendere il suo “nuovo prodotto”. Luca invece viene rappresentato come il suo braccio, il testimone blandito che diverrà in futuro il cronista scrivendo gli Atti degli Apostoli.
Inoltre Carrère spesso e volentieri intervalla la narrazione facendo esplodere nel testo il proprio ego, decisamente piuttosto ingombrante, e manifestando al lettore il suo compiacimento per la conoscenza delle scritture e le riflessioni riportate che, ribadisco, a volte sono il risultato di speculazioni personali non suffragate da verità storica (ma almeno ha la compiacenza di ammetterlo!).
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Commenti
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In quanto all'egocentrismo è sicuramente un aspetto molto evidente della sua personalità!
Un saluto ed alla prossima!
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