Dettagli Recensione
Pessoa e Soares.
Quando ho acquistato questo libro mi sono chiesto che cosa volesse significare il titolo. Cosa intendeva Pessoa con “Il libro dell’inquietudine”? E più precisamente che cos inquietava lo scrittore portoghese (o in questo caso Bruno Soares)?
All’inquietudine infatti si possono dare diverse accezioni: preoccupazione, ansia, irrequietezza. E l’inquietudine inoltre può essere mentale ma anche fisica. In questo romanzo, che poi romanzo non è, Bruno Soares affronta tutti questi temi, partendo dal fisico ma concentrandosi principalmente sull’aspetto mentale ed emotivo umano. E un viaggio attraverso le incertezze e le controversie mentali che spesso affliggono ognuno di noi, e lo fanno in tutto il corso della vita.
In questo romanzo (che poi è uno dei pochi dell’autore portoghese) Pessoa usa un fenomeno letterario chiamato eteronimia, che poi è la sua caratteristica principale, che consiste nel firmare l’opera con un nome diverso. Detto così potrebbe sembrare un semplice pseudonimo, un po’ tipo Hank Chinaski per Bukowski, ed invece c’è una differenza netta tra i due termini. Nello pseudonimo infatti l’autore mantiene i suoi caratteri principali e cambia solo il nome alla fine, mentre nell’eteronimia lo scrittore crea da zero un intero personaggio. Lo scrittore così creato, che viene definito ortonimo, diventa in tutto e per tutto un personaggio a se stante, che può avere anche caratteri personali, emozioni e reazioni completamente diverse e opposte a quelle dello scrittore originale. Così facendo si può creare un personaggio completamente autonomo, che ha una sua “vita” ed esprime pensieri che non debbono per forza essere quelli dello scrittore. Nel corso delle sue opere Pessoa creò diversi ortonimi e forse Bruno Soares è il più famoso tra questi.
Il libro come detto non è proprio un romanzo quanto una raccolta di pensieri che vengono poi ordinati in ordine cronologico (nell’edizione che ho letto questo riordino è stato fatto da Antonio Tabucchi) ma non hanno tra loto nessun legame logico, a parte il fatto di essere tutti accomunati dall’inquietudine appunto.
Ma veniamo al dunque, di cosa parlano questi pensieri? Bruno Soares è un anonimo dipendente di un anonimo ufficio di Lisbona che, vagabondando per le vie della capitale portoghese, riflette sulla sua esistenza e su quella delle persone che lo circondano. Diverse cose lo affliggono, soprattutto il tedio. Il tedio lo circonda, e lo fa pensare, e questo pensare lo affligge. E’ quasi soffocato dai suoi pensieri, se ne lamenta, vorrebbe essere un uomo d’azione non di pensiero e questo perché come dice lui “chi più pensa, più ha vissuto”, e chi più ha vissuto più ha sofferto. Pensare lo distrugge, esistere lo affligge, pensa al suicidio ma il non può suicidarsi, e perché? Perché ciò che lo affligge è proprio l’amore per la vita, che quindi non può abbandonare.
Sarò onesto, non è un libro facile, pur essendo molto corto (circa 280 pagine), e prima di comprarlo avevo letto diverse recensioni che lo consideravano noioso. Forse hanno ragione, anche se ritengo che prima di acquistare un libro bisognerebbe quantomeno informarsi su cosa si sta comprando e questo libro non è mai stato presentato come un thriller…Detto ciò devo fare una considerazione: raramente ho visto affrontare temi così profondi con tale semplicità. Ogni frase fa riflettere. Nessun punto è messo lì a caso. Pessoa era un maestro nello scrivere ed in questa opera lo dimostra in pieno. Certi periodi sono fatti per essere letti e riletti, e fanno riflettere.
E’ vero che questo libro non è per tutti forse ma se vi piacciono e vi intrigano le riflessioni profonde sulla mente umana e sui vari sentimenti che accompagnano l’uomo nel corso della vita, beh, questo libro è imperdibile.
“Solo un cosa mi stupisce più della stupidità umana: l’intelligenza che la gente mette in questa stupidità."
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Il libro è, ovviamente, bello.
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