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La mala ora
 
La mala ora 2016-05-29 09:38:09 enricocaramuscio
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    29 Mag, 2016
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Un Marquez insolito

Un paesino non meglio identificato di una Colombia in cui si è appena instaurato l'ennesimo governo di facciata, fa da cornice a questo insolito romanzo di Gabriel García Márquez. Le atmosfere oniriche ricche di pathos e magia a cui il grande maestro sudamericano ci ha abituato, in queste pagine lasciano il posto al realismo e alla denuncia sociale, senza tuttavia deludere il lettore dal punto di vista della qualità letteraria, dell'impatto emotivo e della trama. I consolidati meccanismi di una piccola comunità fluviale vengono stravolti da una serie di "pasquinate", ovvero da dei fogli appesi agli usci delle case con cui, in stile grezzo e sgrammaticato, si spifferano i segreti dei paesani. In realtà questi messaggi non svelano niente di nuovo, qui tutti sanno tutto di tutti. Tuttavia il gioco comincia a dar fastidio a molti e a mietere le prime vittime, tanto da convincere le persone più in vista del paese, l'alcalde, il giudice ed il prete, a rimboccarsi le maniche ed intervenire. I risultati saranno però molto scarsi, il responsabile non sarà facile da trovare perché, come dirà la maga Cassandra, l'autore delle pasquinate «E' tut­to il pae­se e non è nes­su­no.» La soluzione del giallo tuttavia ha un aspetto marginale in quest'opera che punta invece a mettere in luce le magagne e le atrocità di un regime travestito da democrazia, in cui le elezioni sono pilotate, in cui i funzionari vedono i loro uffici per la prima volta a distanza di mesi dalla loro nomina, dove la giustizia si amministra in base agli interessi economici, la vita della povera gente vale meno di zero e gli ospiti delle prigioni vengono colpiti da misteriose ed inspiegabili "sincopi". Un cielo grigio e carico di pioggia si alterna a giornate afose che tolgono il respiro, aumentando il clima di oppressione. Il fetore di una vacca in decomposizione accompagna l'intera vicenda, unendosi alla metaforica puzza di marcio che viene fuori dai pubblici uffici. L'alcalde, subdolo e calcolatore, incarna alla perfezione l'idea del governante corrotto che con una mano dà e con l'altra toglie, che gestisce le regole a suo piacimento e nel suo esclusivo interesse ma si impegna a dimostrare che tutto funziona bene. Il giudice è il classico esempio di funzionario accidioso e assenteista la cui unica preoccupazione è quella di non essere disturbato. Il prete rispecchia quel clero a cui interessa soltanto il rispetto di una morale di facciata. " «Fino a quan­do con­ti­nue­re­te a com­por­tar­vi in que­sto modo?» chie­se l'al­cal­de. La don­na par­lò sen­za al­te­ra­re la sua espres­sio­ne man­sue­ta. «Fin­ché ci ri­su­sci­te­ran­no i mor­ti che ci han­no am­maz­za­to.» «Ades­so è di­ver­so» spie­gò l'al­cal­de. «Il nuo­vo go­ver­no si pre­oc­cu­pa del be­nes­se­re dei cit­ta­di­ni. Voi, in­ve­ce...» La don­na lo in­ter­rup­pe. «Sono gli stes­si con le stes­se...» «Un quar­tie­re come que­sto, co­strui­to in ven­ti­quat­tro ore, era una cosa che pri­ma non si era mai vi­sta» in­si­stet­te l'al­cal­de. «Stia­mo cer­can­do di fare un pae­se de­cen­te.» La don­na tol­se la roba pu­li­ta dal filo di fer­ro e la por­tò nel­la stan­za. L'al­cal­de la se­guì con lo sguar­do fin­ché giun­se la ri­spo­sta: «Que­sto era un pae­se de­cen­te pri­ma che ar­ri­va­ste voi.» Non aspet­tò il caf­fè. «In­gra­ti» dis­se. «Gli stia­mo re­ga­lan­do la ter­ra e si la­men­ta­no an­co­ra.» La don­na non ri­bat­té. Ma quan­do l'al­cal­de at­tra­ver­sò la cu­ci­na per usci­re in stra­da, mor­mo­rò cur­va sul fo­co­la­re: «Qui sarà peg­gio. Ci ri­cor­de­re­mo an­co­ra più spes­so di voi, coi mor­ti die­tro il pa­tio.»"

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Rollo Tommasi
30 Mag, 2016
Ultimo aggiornamento:
30 Mag, 2016
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