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Yo me llamo Venezuela
E’ un paese di manghi e battaglie il Venezuela di Octavio, di bidonville e di espedienti, di contrasti, di ladri, di santi e di preghiere. Un luogo di analfabetismo, di parole non lette e non scritte e quel segreto che lui tiene in pugno, nel palmo sempre tagliato dove il sangue che si impasta nella fasciatura fornisce un buon motivo per non dover posare la penna e confessare “Io non so”.
Un luogo dove risiede l'umilta’ di un uomo semplice e onesto che si riscopre assetato di amore, affamato di conoscenza.
Ma nella chiesa eretta per celebrare il miracolo che debello’ la peste da Caracas, non si prega piu’ , si accumula refurtiva. E qui, vittima del caso e di un diniego che tarda a venire, iniziera’ il lungo viaggio di colui che amo’ perdutamente donna Venezuela.
L’unione di un francese, un venezuelano ed un cileno sotto uno stesso tetto a cosa portino non so, ma posso confermare che i tre , accorpati in un unico soggetto, portano indubbiamente a questo bel ragazzo parigino . Miguel Bonnefoy propone un romanzo dallo stile di scrittura europeo, piacevole, pulito, immediato. Curioso trovarvi allo stesso tempo un contenuto tipicamente sudamericano dai tratti marcati, mitologici, illogici, bizzarri e caotici.
Breve e piacevole, per chi ama legger dei miracoli che ,destinati all’oblio, prima o poi rinascono. E quando si ritorna a contemplare la bellezza della tradizione, nel pomposo viavai di un popolo chiassoso, anche nel petto ligneo di una statua intagliata si sente pulsare il cuore di un uomo perbene.
Buona lettura.
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Tra le mie lacune in campo letterario c'è anche quella di non conoscere l'autore, se non di nome.