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IL PROFONDO CUORE DELL'AMERICA
Ognuno di noi nella propria vita di case ne ha molte, una sola o nessuna, a seconda di come esse o essa, se ci sono, ha messo radici inamovibili nel nostro modo di essere al mondo e di vedere la vita e coloro che ci circondano. E’ questa la tematica profonda del terzo romanzo della sessantottenne e poco prolifica Marilyn Robinson nata di un paesino dell’Idaho (Usa): la casa del reverendo Robert Baughton, ormai giunto alla fine della vita, accoglie due dei suoi otto figli, i più fragili, quando essi fuggono dal mondo che li ha in un modo o nell’altro traditi. Glory è stata ingannata da un uomo sposato, e Jack, dopo aver abbandonato un figlio, ha un’esistenza irrequieta, fatta di celle di prigione, accattonaggio e relazioni tormentate. L’immaginario villaggio dello Iowa, Gilead, è il luogo dove la dimora paterna con le sue leggi li attende, immobile nel tempo e nello spazio, le cui mura sono talmente solide da non lasciar filtrare quasi nulla dall’esterno: ed è precisamente l’impossibilità di conciliare la forza tirannica di quel dominio fatto più di silenzi e allusioni che di divieti, con l’esperienza adulta, a rendere irrealizzabili, monche, le vite dei due fratelli. “Casa” condivide con il predente romanzo dell'autrice, "Gilead" personaggi e luoghi, come se la Robinson, a disagio nell’America contemporanea, quella delle metropoli, delle serie tv e di Trump/Clinton, sentisse l’urgenza di trovarsi un angulus, appartato, lontano anche nel tempo, considerato che la storia è collocata negli anni 50’: un milieu rurale, ove la l'umanità si divide in chi consiera la Bibbia testo sacro e in chi vi si ribella, in chi perdona e in chi esilia, forse mai scomparso, insomma il cuore profondo dell’America, al centro di tutta una tradizione letteraria, cui forse dovremmo rassegnarsi a prestare attenzione per comprendere i destini del pianeta.
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Molto bello e interessante il tuo commento.
E' da un po' che provo interesse per questa scrittrice, che immagino lontana da conformismi e anticonformismi.
L'essere autrice di poche opere me la rende ancor più apprezzabile, tanto più che molti pubblicano un testo ogni anno, libercoli spesso malriusciti. Penso di cominciare con Gilead.