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Cecità
 
Cecità 2016-04-21 17:20:39 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    21 Aprile, 2016
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Un incubo latteo e vertiginoso

Un'automobilista fermo ad un semaforo, una luce rossa che vieta di passare, lo sguardo fisso in attesa del verde. Ad un tratto però tutto, automobile, strada, semaforo, il mondo intero, si riduce ad un solo colore: il bianco. Gli occhi dell'automobilista smettono di vedere, ma la sua cecità non lo fa precipitare in una fitta tenebra, bensì in un candido alone ovattato. È l'inizio di una terribile epidemia che si estenderà in poco tempo a tutto il mondo circostante, investendo l'intera umanità e mettendo in luce un'altra cecità del genere umano, ancora più terribile di quella che colpisce gli occhi: quella dell'anima.
"Penso che siamo già morti, siamo ciechi perché siamo morti, oppure, se preferisci che te lo dica diversamente, siamo morti perché siamo ciechi, il risultato è lo stesso". Soltanto una donna, per ironia della sorte moglie di un oculista, resterà immune da questo male. Le toccherà sobbarcarsi il pesante onere di essere l'unica testimone oculare della cloaca in cui si trasformerà tutto ciò che la circonda, ma sarà anche la custode della fievole fiammella di speranza che, ostinata, tarderà a spegnersi. Crudo e disilluso nei contenuti, brillante e coinvolgente nell'incidere del racconto, originale nello stile, Saramago getta il lettore in un incubo latteo e vertiginoso da cui è difficile uscire anche a distanza di giorni dal termine della lettura. Ad un handicap già di per se spiacevole come quello della cecità, si aggiunge l'abbandono da parte delle istituzioni. La paura dei sani di essere contagiati porta all'emarginazione, all'isolamento, all'abbandono di coloro che, mano a mano, perdono la vista. La quarantena si svolge in un regime di autogestione che tira fuori il peggio dell'animo umano. L'organizzazione, il senso civico, la decenza, il reciproco aiuto cedono il passo all'accidia, all'indecenza, all'egoismo, alla prepotenza, allo stupro del corpo e dell'anima. Non ci sono nomi, non ci sono luoghi, non ci sono date, l'autore lascia tutto indefinito quasi a voler mettere a nudo la natura umana sotto qualunque latitudine essa si trovi. Non esiste pietà, non c'è ombra di conforto, non esiste più ragione. Resta solo un po' di speranza, ma questo pallido sole sarà sufficiente a diradare la nivea e subdola nebbia che offusca gli occhi, le menti e i cuori?

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Commenti

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Ciao Enrico. Riassaporo nel tuo commento la claustrofobia che trasmetteva il romanzo. Libro meraviglioso, secondo me: il migliore di Saramago con "Il Vangelo secondo Gesù Cristo".
In risposta ad un precedente commento
silvia t
22 Aprile, 2016
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D'accordo con Rollo, libro che davvero rimane dentro così come "Il Vangelo.."
ciao Enrico, la tua emozionante recensione mi ricorda che non posso più posticiparne la lettura
...ed io non posso che concordare con voi! Grazie a tutti e buona lettura a Silvia!
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