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Eilis.
Sino al momento dell’annuncio del trasferimento in America da parte della sorella Rose e dalla madre, già accordate con padre Flood, uomo incaricato di aiutarla nel difficile passaggio tra le due diverse realtà, Eilis Lacey mai avrebbe immaginato di lasciare la sua terra natia, l’Irlanda.
Giovane e ben consapevole della scarsità di possibilità che quest’ultima è disposta ad offrirle, ella si ritrova dalla mattina alla sera a preparare le valige per l’imminente traversata e, quasi come se fosse in un sogno, si addormenta a casa per risvegliarsi nel Nuovo Continente, un luogo dal quale non sa cosa aspettarsi, come muoversi e del quale non è certa di essere all’altezza. Eppure soltanto una volta stabilita presso Mrs Kehoe ed iniziato il suo impiego presso l’emporio Bertocci’s per la ragazza prende forma e consistenza l’entità della decisione intrapresa. La mancanza di casa si fa sentire, com’è normale, tuttavia giorno dopo giorno quella nuova effettività diventa quotidianità per la irlandese che senza rendersene nuovamente conto si abitua a quella libertà, all’indipendenza, ai ritmi di lavoro e di studio per conseguire il diploma di ragioniera, alle coinquiline nonché alla padrona di casa, personaggio che finisce quasi per rivestire una figura materna. Quando poi, durante una “serata danzante” presso la parrocchia di Padre Flood conoscerà Tony, per lei entreranno in gioco anche i sentimenti, tra cui un amore mai provato e del tutto inaspettato.
Eilis è una ragazza mite, discreta, giudiziosa, remissiva, una giovane donna che matura sempre più nello scorrere di un romanzo che può essere simbolicamente suddiviso in tre parti; una prima all’interno della quale vi è il trasferimento e la presa di coscienza della nuova vita che l’aspetta, una seconda di “ambientazione” in cui cioè inizia a mettere radici a Brooklyn sia perché si innamora sia perché assapora tutte quelle costanti che la città offre, una terza in cui è costretta a tornare in Irlanda e i suoi sentimenti sono messi in discussione. Sua madre in particolare cerca di legarla a sé, da un lato facendo leva sul suo senso di colpa e di responsabilità, tentando di imbrigliarla nei dogmi e nelle regole materne in cui ovviamente la figlia, dopo due anni di indipendenza morale ed economica non può più ritrovarsi, e dall’altro mirando a farla avvicinare a Jim Farrell che per quanto possa essere delizioso, educato, e via discorrendo, appare al lettore quale figura atta a costituire il motivo per cui Eilis non sarebbe dovuta ripartire. Inizialmente la protagonista si sente in trappola, le manca l’America, poi, con il trascorrere del tempo, le vecchie amicizie ritrovate, si riabitua a quel clima cominciando a percepire Brooklyn come un sogno, come un ricordo. Cosa farà la l’eroina di Toibin?
Seppur (e proprio perché) l’elaborato sia imperniato dal tipico stile British nonché da un linguaggio semplice, diretto, fluente, personalmente ho trovato il testo un po’ troppo freddo, distaccato. Per chi legge è difficile immedesimarsi nelle vicende perché queste sono descritte mantenendo un certo allontanamento, essendo infatti riportate con quella minuziosità tipica di chi elenca una serie di avvenimenti quasi come se fossero circostanze da annotare su un “diario di bordo”. Eilis inoltre rappresenta esattamente la tipica donna anni ’50, con quella bonarietà, pacatezza, raffinatezza proprie di chi ha un carattere calmo, pacifico, non sovversivo e di chi vive in un contesto storico in cui la figura femminile è ancora radicata a stereotipi e dogmi familiari. Il problema è che è così perfetta da risultare irreale. La parte finale inoltre l’ho percepita come una forzatura in netto scontro con quella che era la verità del tempo stante il fatto che chi era costretto ad emigrare difficilmente tornava indietro da un lato per motivazioni economiche, dall’altro perché consapevole che per essere arrivato a lasciare quei luoghi in cui aveva visto la luce, nulla questi avevano da offrire per il futuro. A mio modesto giudizio, l’autore ha cercato con questa decisione di “smuovere” quella che altrimenti sarebbe stata una storia piatta, senza particolari colpi di scena. Sia chiaro, non per questo è riuscito a renderlo più “saporito”. Anzi. Se Brooklyn ha un inizio rapido e magnetico, il finale è lento e fiacco.
Non condivido l'opinione di chi ritiene che l'epilogo sia aperto e che l'autore potrebbe scrivere un continuo; le conclusioni di Toibin sono chiare ed inequivocabili tanto che nel caso in cui decidesse di tornare in libreria con Eilis, soltanto una strada potrebbe farle intraprendere onde evitare di contraddirsi e andare contro l'indole di una protagonista così strutturalmente ben inquadrata.
In conclusione, non certo un capolavoro, semplicemente una storia piacevole, da cui non aspettarsi troppo e con cui trascorrere qualche ora lieta.
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Commenti
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Non ho letto "The Master" dell'autore, provvederò quanto prima. :-) Grazie del suggerimento!
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Dalla tua bella recensione, comprendo che questo libro non dev'essere ben riuscito.
Di Toibin ho letto solamente "The Master", che mi è piaciuto molto, ma penso sia il suo capolavoro.