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Uno sguardo spietato nei rapporti familiari
Ruth ha un'ossessione: Elizabeth, la cugina che i suoi genitori hanno adottato prima della sua nascita, e che, nella sua mente, è quindi colpevole di un peccato originale, quello di averle rubato il ruolo di primogenita.
Afflitta da un senso primordiale di possesso, per tutta la vita Ruth studierà Elizabeth, cercando di cogliere la chiave dell'essenza di colei che le ha rubato il posto di protagonista nell'universo familiare.
Perchè Ruth non è nata per rimanere nell'ombra: sensuale, affamata di vita e di passioni, è dotata di grande carisma e di un'intelligenza fredda e calcolatrice.
Per questo motivo non riesce a capire chi preferisce l'eterea, quasi sbiadita Elizabeth, l'acqua cheta che passa attraverso la vita con la gentilezza della brezza mentre Ruth è l'uragano. Elizabeth è una sfinge di pietra, la cui superficie liscia impedisce di carpirne l'interiorità.
Nel desiderio di possederla e di annullarla, Ruth deruba Elizabeth costantemente: dapprima, quando sono ancora bambine, di semplici giochi; ma con il procedere dell'età la posta in gioco si alza sempre più, e a essere oggetto di tentativo di furto sono le persone stesse.
La storia di Ruth e Elizabeth diventa per l'autrice un mezzo per mostrare l'anatomia di un interno familiare, facendo cadere il velo dell'ipocrisia e dei rapporti formali per mostrare la realtà che c'è sotto.
Ad essere chiamati in causa sono tutte le ossessioni imputate alla società altoborghese: la maternità, la pudicizia e la sua controparte, ossia la sensualità senza controllo, il rapporto con l'arte...
Il libro è narrato in prima persona da Ruth e non ci dà quindi la possibilità di farci un'idea di quale sia la posizione di Elizabeth sul loro rapporto, anche se un piccolo spiraglio si apre nelle pagine finali.
Ma a mio parere, lungi dall'essere un difetto, questa scelta dell'autrice aggiunge realismo al racconto: chi di noi, infatti, si è mai davvero interrogato sui sentimenti e il pensiero delle persone oggetto della nostra invidia?