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Firmino
 
Firmino 2009-03-28 23:36:25 Maristella
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Maristella Opinione inserita da Maristella    29 Marzo, 2009
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Un topo-uomo pieno di dignità

Prima della pubblicazione di questo libro, Sam Savage era uno sconosciuto professore di filosofia della Carolina del Sud che aveva fatto tanti mestieri come il pescatore di granchi, il carpentiere e il meccanico di biciclette. Con questo suo libro d’esordio, in un primo tempo pubblicato da una piccola Casa Editrice no profit con una tiratura limitata di mille copie, ha vinto tutti i più importanti premi letterari per esordienti negli Stati Uniti, diventando poi un caso editoriale in tutto il mondo. Accompagnato da molteplici polemiche legate ad un presunto plagio del romanzo “ La bibliotecaria” dell’italiano Claudio Ciccarone, il libro ha suscitato una marea di consensi insieme a una grande quantità di critiche. Il protagonista è Firmino, tredicesimo nato di Flo, una pantegana avvinazzata, che partorisce i suoi piccoli negli anfratti di una antica e polverosa libreria di Boston, negli anni ‘60. Ma Mamma Flo ha 12 mammelle e Firmino, il più gracile, non riesce ad avere la meglio sui suoi fratelli. Così comincia a cibarsi delle pagine dei libri che lo circondano fino a che impara a leggere e la sua mente può trarre da quegli scritti tutto il nutrimento spirituale di cui ha bisogno. Ed è a questo punto che Firmino cessa di essere topo e diventa metafora umana, sviluppando pensiero, cultura, senso critico, cuore, desiderio, consapevolezze, esperienza, fantasia, sogni, disincanti, delusioni, aspirazioni, malinconia, solitudine, scoraggiamenti e slanci e una marea di sentimenti ed emozioni che non fanno certo parte né dello spirito né della genetica “ topesca”. Affascinato dai Grandi della Letteratura, insieme ai quali evade nell’immaginario da una vita relegata e solitaria per l’impossibilità al comunicare, nella consapevolezza di non sentirsi ratto ma di non poter nemmeno essere uomo, Firmino ricerca il contatto umano, subendo delusioni brucianti ( come con il libraio Norman che cerca di ucciderlo con il veleno) o trovando corrispondenza d’affetti (come con il frustrato ma cordiale scrittore Jerry Magoon, che lo accoglie e lo cura). Al teatro Rialto, Firmino scopre la magia del cinema; si nutre di Bellezza nella visione delle dive d’allora, sogna di essere Fred Astaire che balla con Ginger Rogers, allo stesso modo in cui fantastica di ballare con Natasha Rostova, cingendole la vita sottile e immergendo se stesso in un’atmosfera di ottocentesco romanticismo spesso affiancato da un’aura di leopardiano sconforto. Vorrebbe discorrere, se solo avesse la voce, vorrebbe suonare, se solo avesse le mani, vorrebbe amare ed essere amato, se solo fosse accettato per quello che è : un uomo inserito nella fisicità di un topo, un diverso. E, quando intorno a lui tutto crollerà ed il vecchio quartiere di Boston sarà costretto a lasciare spazio ad un’urbanizzazione globalizzante, facendo scomparire tutti i luoghi legati alla sua breve ed intensa esistenza, solo il ritorno alle origini e la fusione dei sogni e dei ricordi che costruiscono una vita intera sarà il nido ospitale dove arrendersi amabilmente ad un Angelo della Morte che non potrà che chiamarsi Ginger. No, “ Firmino” non è un capolavoro, ma è un libro che solo superficialmente può apparire lieve. E’ un libro denso di significati, che non lascia spazio alla leggerezza, intriso com’è di angoscia, di solitudine, di poetica mestizia, di dignità che non punta sul patetico, metafora di una società esiliante, apertura di una finestra sul vivere vite non tue; è monologo intimo, è fame di condivisione, è desiderio di comprendere ed essere compresi, è cogliere la realtà con occhi differenti, è assaporare ogni attimo che ci viene regalato ed è soprattutto un intenso atto d’amore nei confronti della lettura che, insieme alla fantasia, è ancora capace di innalzarci in voli di stupore, di sogno e di poesia, sopra un mondo che appare sempre più indifferente.

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