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Dora, simbolo ed emblema del popolo.
Dora Bruder, nata il 25/02/1926 a Parigi nel 12° arrondissement, residente in boulevard Ornano 41, figlia di Ernest Bruder, Vienna, 21/05/1899 e di Cécile Burdej, Budapest, 1907, aveva appena quindici anni, un volto ovale, occhi castano-grigi, una statura di 1,55 m quando i genitori, nel 1941, ne annunciano la scomparsa.
Ed è sfogliando casualmente quella rubrica del “Paris-Soir” intitolata “Da ieri a oggi” che Patrick Modiano scopre di questa giovane, un’adolescente ebrea dal carattere indipendente e ribelle, fuggita dal collegio del Sacro Cuore di Maria in cui si nascondeva. Cosa cercava? Cosa l’ha indotta a scappare? Cosa ne è stato di lei in quei mesi di nascondigli e apparizioni, quali speranze nutriva nel cuore?
Ha così inizio la ricerca dell’autore di questo breve ma significativo romanzo ambientato nella Parigi del presente e del passato, la capitale che è propria di Patrick ed in cui ora sente la presenza della Bruder, perché adesso che sa della sua esistenza, è sempre più curioso e desideroso di svelare il mistero, sa che la sua essenza, la sua presenza è ancora viva in quei luoghi così diversi, mutati dal tempo e dalla volontà dell’uomo di dimenticare, di chiudere un capitolo doloroso di quel che è stato.
Un passo alla volta. Una ricerca dopo l’altra, il susseguirsi di annotazioni. La voglia di sapere delle sorti di un’anima dimenticata in quel che non può che essere un tentativo. Ritrova documenti, registri, rapporti, dati non coincidenti, personaggi obliati dallo scorrere degli anni, atti che di fatto non portano a significativi sviluppi nel ritrovamento delle tracce dell’adolescente ma che riescono a ricreare quella che era l’atmosfera del tempo. Ed è proprio tramite questo lavoro che lo scrittore dà voce ad un nucleo di personalità dissolte e vittime di quei giorni bui. Tramite il suo resoconto scopriamo delle “amiche degli ebrei”, di Jean Jausion che voleva semplicemente maritarsi con la donna amata a prescindere dall’essere, questa, di razza ebraica, di Robert Tartakovsky, nonché di altri letterati perseguitati, volatilizzati nel nulla.
In sole 136 pagine Modiano emoziona con la solitudine, con l’empatia, con la ricerca, con il desiderio di non dimenticare. E seppur non sia riuscito a scoprire quelli che sono stati i sogni, le speranze, i desideri di Dora, e nonostante abbia narrato di quella storia di cui tutti sappiamo l’epilogo, arriva con le sue parole e la sua tenacia dritto al cuore di chi legge.
«Mi sono detto che nessuno ricorda più niente. Dietro il muro si stendeva una no man’s land, una zona di vuoto e d’oblio. [..] Eppure, sotto quella spessa coltre di amnesia, si sentiva qualcosa, di quando in quando, un’eco lontana, soffocata, anche se nessuno sarebbe stato in grado di dire cosa, con precisione. Era come trovarsi all’orlo di un campo magnetico, senza pendolo per captarne le onde. Nel dubbio e nella cattiva coscienza, avevano affisso il cartello “Zona militare. Divieto di filmare o fotografare”.»
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A me Modiano piace molto, soprattutto per lo stile. Questo romanzo in particolare.