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"Esiste un modo per tornare ad essere buoni…"
Il cacciatore di aquiloni è la storia di tutto il popolo afghano.
Le tradizioni del popolo afghano appaiono ovunque nel libro e, sebbene quest’ultimo emerga in certi tratti come superficiale, con usanze a volte arcaiche e basate su apparenza , è indubbio che il libro sottolinei e ci introduca in un’atmosfera permeata di tradizioni, onore, rispetto del prossimo e coraggio; valori che nella nostra cultura sembrano purtroppo sbiadire di fronte ad una superficialità galoppante.
L’Afghanistan ha una nomea piuttosto negativa, basi solo pensare all’ 11 settembre, ai talebani e al terrorismo in generale. Il libro racconta la storia di questo paese ed è una storia (un passato attualissimo) che andrebbe raccontata e raccontata, perché violenze e bestialità simili non accadano più.
Il libro racconta della nascita di regimi totalitari in Afghanistan e del diffondersi di fanatismi verso i quali l’occidente non è vittima ma concausa: i talebani che hanno distrutto Kabul e riportato l’Afghanistan in una situazione quasi medioevale (donne oppresse, nessuna libertà e violenze alla luce del giorno) non sono altro che una conseguenza dell’ invasione brutale del paese da parte dell'URSS nel 1979.
La guerra con i mujaheddin (i patriottici afghani che furono finanziati, armati e addestrati da Stati Uniti, Pakistan e Arabia Saudita) fu infatti lunga e cruenta e al suo termine il fronte dei mujaheddin era talmente frammentato e disunito che ciò consentì la presa del potere da parte della fazione dei talebani.
Proprio i talebani applicarono al paese una versione estrema della shari'a e ogni deviazione dalla loro legge veniva punita con estrema ferocia.
“Amir agha, purtroppo l'Afghanistan della nostra infanzia è morto da tanto tempo. La gentilezza non abita più nel nostro paese ed è impossibile sfuggire alla morte. Kabul è in preda al terrore.”
Questa è la storia raccontata in prima persona da un bambino - poi diventato adulto – di come il fanatismo abbia prosperato a Kabul, degenerando fino alle atrocità più impensabili e di come violenza generi violenza, sempre.
Tanto il paese è sfortunato, tanto il protagonista (Amir) è tormentato da demoni, paure, scotti da pagare.
Amir rischia di passare tutta la sua vita con il rimorso di non essere intervenuto per salvare il suo amico Hassan e si porta dietro colpe orribili fino a quando: “Amir, esiste un modo per tornare ad essere buoni…”.
E noi assistiamo alla sua straordinaria avventura d’amicizia, coraggio, espiazione dal peccato e amore.
Il delitto che esige sempre il castigo.
Non bastano i sensi di colpa, la soluzione per ritrovare la pace perduta è impegnarsi in qualcosa che ci renda buoni di nuovo, perché si ottiene il riscatto e la pulizia della propria coscienza solo facendo del bene ad un'altra persona. Ecco il potere della confessione e del fare del bene.
Non si tratta di religione cristiana ma di religione delle religioni, di ricerca della felicità e di dare un senso a questa vita.
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Commenti
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grazie per il complimento sulla recensione :-)
Posso chiederti perchè secondo te il libro trasuda buonismo?
Perchè anch'io ho riscontrato del buonismo in molti punti (primo tra tutti nel comportamento di Hassan nei confronti Amir, veramente troppo tollerante durante tutta la narrazione, al limite del sopportabile) ma in generale non direi che è un libro che trasuda buonisimo.
Penso che i buoni sentimenti che alla fine emergono siano simbolo di riscatto, mentre all'inizio siano una scelta dovuta al fatto che, trattandosi di vicende vissute da bambini, l'autore abbia voluto smorzare i toni, farci vedere le cose in un ottica ingenua e semplice, troppo buona appunto.
E poi le vicende raccontate (lo stupro di Hassan, gli omicidi per puro odio razziale, la distruzione di intera città, ecc...) sono così cruenti che forse l'unico modo per raccontarle in maniera non solo compassionevole sia bilanciarle con qualcosa di "buono", in modo che non rimanga solo l'amarezza della guerra.
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