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Stoner
 
Stoner 2016-02-12 10:23:18 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Febbraio, 2016
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1891-1956.

Wiliam Stoner, 1891-1956, si iscrisse all’Università del Missuri nel 1910, all’età di 19 anni. Sin dalle prime battute, la vita del protagonista appare chiaramente nella sua desolazione. Per tutta la sua esistenza Bill non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il paesino rurale dove è nato e dove i suoi genitori risiedono, mantiene testardamente lo stesso lavoro e per quasi quarant’anni è infelicemente sposato con Edith, una donna con la quale l’ascia di guerra viene seppellita (e la pace di quella che sarebbe potuta essere la loro relazione coniugale viene riscoperta) soltanto negli ultimi mesi di malattia dell’uomo. Grace, la figlia, rappresenta, al momento della nascita, quasi una sua rivincita all’amore, lui che tanto lo ha bramato e solo in tarda età veramente conosciuto. Di fatto, la coniuge riuscirà ad allontanare la piccola dal padre tentando di pianificarne le giornate, gli interessi, gli obiettivi e finendo con il rinchiuderla in una gabbia dalla quale essa riuscirà ad uscire soltanto restando incinta, assecondando nuovamente Edith con un matrimonio non desiderato e finendo altresì nella spirale dell’alcolismo. Con la bambina dagli occhi vispi e curiosi Stoner non avrà più nulla a che vedere, i contatti diventeranno sporadici, e quello sguardo intelligente verrà, anno dopo anno, sostituito da una patina di indifferenza e mera inevitabile accettazione.
Anche con i suoi genitori le cose non vanno meglio: William è un estraneo vincolato da rapporti troppo formali ed una conoscenza superficiale. Soltanto Gordon e Dave possono definirsi suoi amici. L’amore sarà dallo stesso conosciuto solo a 43 anni e sarà proprio in quel fugace periodo che si riscoprirà, ed inizierà a guardare alla sua realtà per quello che è.
A questo punto una domanda sorge spontanea: com’è riuscito John Edward Williams a scrivere di una esistenza così silenziosa con quella cura, delicatezza, forza, sentimento ed accettazione proprie di quei romanzi con protagonisti vitali ed energici, tanto da renderla un capolavoro in cui il lettore inevitabilmente si appassiona e si rispecchia?
Il primo elemento che sovviene è la qualità stilistica, la quale, accarezza il lettore trascinandolo pagina dopo pagina ed incidendo in chi legge attimi di quella condizione di durezza e introspezione che caratterizzano i giorni del protagonista. Non solo, predetta, trasmette a chi sfoglia il componimento una grande ed incommensurabile passione, quella per la Letteratura e l’insegnamento. Inevitabilmente costui si ritrova ad immaginarsi al posto di Willy, a vivere di quegli scritti che hanno scandito la sua vita, ad abbracciare il suo amore per i libri e farli propri a sua volta.
Altro carattere che rileva è l’impersonalità. Eccetto che nella parte iniziale del romanzo in cui viene utilizzato il nome William, per il resto dello scritto, e salvo la breve parentesi di Katerine, egli è semplicemente Stoner, come se si fosse disfatto di un tratto personale e fondamentale per assumere un’identità fredda, implacabile, una roccia, da qui stone (pietra). E come l’uomo si priva della personalità, il lettore si rispecchia nell’impersonalità, riscontrando negli atteggiamenti, ma anche negli accadimenti, della sua quotidianità, parte di quella che è la sua dimensione. Lo Stoner-Lettore si arrabbia con il protagonista, si lascia trasportare dagli avvenimenti, vorrebbe gridargli di opporsi per poi rendersi conto di quanto soventemente egli stesso sia il primo a lasciarsi sopraffare dagli eventi, taluni evitabili, altri inevitabili.
Da qui la nemesi dell’uomo suddivisa, idealmente, in tre passaggi fondamentali: prima il rovinoso fallimento del matrimonio, “un terribile errore”, come dallo stesso definito, in cui al professore non resta altro che accogliere le melodrammatiche scenate di quella moglie che tanto lo odia, poi Lomax, collega universitario che fa di tutto per rendergli la vita impossibile per il mero e semplice fatto che il nostro docente si era opposto alla decisione circa un dottorando, Charles Walker, forse brillante ma certamente incompetente e dunque, privilegiando quella che è la tanto ad oggi dimenticata meritocrazia, Stoner pone con le sue stesse mani fine a quella che si sarebbe dimostrata altresì essere una carriera brillante che lo avrebbe consacrato alla storia dell’Università e dei suoi amati corsisti, infine la distruzione del rapporto con Grace ed in questo senso significativo è il passaggio finale in cui egli non può che dirsi «lieto che la figlia avesse almeno quello, fu grato che potesse bere».
Pubblicato per la prima volta nel 1965 e divenuto un successo editoriale soltanto a partire dal 2003, Stoner è un libro che nella sua modestia affronta gli interrogativi più significativi della vita di ciascuno di noi, dal perché viviamo, al cosa attribuisce valore e significato all’esistenza, al cosa vuol dire amare, al perché tante volte accettiamo senza veramente opporci, al perché siamo imbrogliati a quelle catene dal quale crediamo di poterci liberare per riscoprirci ancora più schiavi. Questo e molto altro ancora è Stoner.

«A quarantatre anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra»

«Si rese conto che per molti anni, senza neanche accorgersene, come un segreto di cui vergognarsi, aveva nascosto un’immagine dentro di sé. Un’immagine che sembrava alludere a un luogo, ma che in realtà rappresentava lui. Era dunque se stesso che cercava di definire, via via che sistemava lo studio. [..] Mentre restaurava i mobili e li disponeva nella stanza, era se stesso che lentamente ridisegnava, era se stesso che rimetteva in ordine, era a se stesso che dava una possibilità».

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Che bella recensione, Maria!
Anche a me il libro è piaciuto molto. Nelle librerie piene di cosette da quattro soldi, ci sono pure tanti libri di questo livello o quasi, e costano anche meno. Personalmente, sto diventando sempre più selettivo sulla qualità.
lapis
12 Febbraio, 2016
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Bellissima recensione, Maria!! Ho rivissuto la malinconia delle riflessioni sull'accettazione della vita che questo libro, che ho apprezzato molto, ha saputo suscitare.
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Mian88
12 Febbraio, 2016
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Anch'io Emilio me lo sono ripromessa, finita infatti questa onda di libri di poco spessore che mi sono arrivati voglio dedicarmi a letture di sostanza e di rilievo. Ne ho sinceramente bisogno.
Stoner è stato un romanzo che mi ha profondamente toccato, nell'analisi, forse avrei dovuto inserire non tre bensì 4 nemesi poiché una, seppur conseguente, è a mio modesto avviso riscontrabile nella parte finale quando il Secondo Conflitto Mondiale ha inizio finendo con il rappresentare per William una nuova fonte di dolore, di riflessione nonché un'immedisimazione con il caro vecchio Sloane, colui che ha visto in lui quello che nemmeno egli stesso aveva l'acume di vedere.
Comunque, un testo indimenticabile. Veramente un capolavoro.
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Mian88
12 Febbraio, 2016
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Cara Manuela, come ti sono vicina. Io a tratti, non sapevo se spronarlo a reagire o se conformarmi a lui. La decisione finale l'ha presa la ragione. Quanto spesso nella vita accettiamo, ci conformiamo, finiamo con l'essere mere, pure e semplice, vittime o coresponsabili della spirale di eventi che ci catturano e fanno propri...
Ciao, bellissima recensione,
ho regalato questo romanzo a mia sorella, credo quindi non potrò non farmelo prestare... Colpa tua!
Bellissima recensione, Maria! Anche a me è piaciuto molto!
siti
13 Febbraio, 2016
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Non vedo l'ora di arrivarci a questo romanzo...
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Mian88
14 Febbraio, 2016
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Ahahahaahh! Direi che a questo punto il prestito è d'obbligo!! Con le buone o con le cattive, tua sorella non potrà dirti di no :D
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Mian88
14 Febbraio, 2016
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Grazie Anna Maria, mi fa tanto piacere leggere le tue parole e scoprire che ha colpito anche te!
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Mian88
14 Febbraio, 2016
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Cara Laura, anch'io ho aspettato tanto prima di leggerlo, ma credimi, ne è valsa la pena :-)
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