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Il mio nome è Asher Lev
 
Il mio nome è Asher Lev 2016-02-06 12:23:06 siti
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Stile 
 
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siti Opinione inserita da siti    06 Febbraio, 2016
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Fedele a se stesso, sempre

I sentieri della vena narrativa di Potok sono caratterizzati da costanti che rendono ogni suo scritto al contempo familiare e originale. Le ambientazioni, le tematiche, gli stessi personaggi sono riconducibili alla rappresentazione della comunità ebrea di New York pur assumendo valore assoluto e universale così da rendere il contenuto e il messaggio validi in ogni quando e in ogni dove. Sempre e ovunque.
I personaggi sono in primo luogo membri di una comunità allargata e religiosa e insieme di una famiglia: accade ovunque dalla notte dei tempi; vivono intime fratture rapportandosi con se stessi e con gli altri: quando è accaduto il contrario? Entrano in conflitto con la cultura che li ha generati: evolvono, involvono, patiscono, soffrono, in una parola vivono.
Asher Lev , pittore ebreo ormai affermato, osannato, criticato e ripudiato non sfugge al dolore del mondo e ce lo racconta prendendo parola e affermando il suo punto di vista nel tentativo di smitizzare la sua persona, semplicemente offrendosi nella sua integrità morale ed etica consapevole della prepotente doppiezza che suggella ogni animo umano: insieme bene e male, virtù e vizio, eccellenza e mediocrità.
È in lui il dono della pittura che lo domina e ne guida il suo sentire e il suo comunicare. Esso scavalca tradizioni, sentimenti, mina i rapporti comunitari, i legami famigliari, conduce all’isolamento cui costringe, spesso, un’affermata individualità. A niente valgono le raccomandazioni :”Molte persone quando sono giovani sentono di possedere un grande dono. Ma non sempre ci si abbandona a un dono. Una vita la si dedica a ciò che è prezioso per se stessi ma anche per la propria gente”.
Tutta la comunità assiste alla crescita di Asher contribuendo anche a mantenere intatta almeno l’integrità religiosa così sentita dai Chassidim Ladover, accettando quindi l’apertura verso il mondo della rappresentazione figurativa, aprendosi alla possibilità di aver generato un ebreo osservante e artista. Quando però il sentire artistico porterà al limite il codice iconico e simbolico e con esso il suo doloroso messaggio, la frattura sarà inevitabile. Potenti tutti i personaggi , eccezionale la loro carica umana a partire dal trittico di famiglia : un padre, una madre, il loro unico figlio, loro e della comunità tutta. Funzionali , misteriose e formative il Rebbe e il pittore anziano. Immancabile la contestualizzazione storico- politica e con essa l’impegno culturale e sociale, imperdibili i riferimenti al mondo dell’arte e della cultura in generale.
Il romanzo è corposo, tenero e pungente al tempo stesso, doloroso, intimo e prezioso come sa esserlo un rapporto di parentela, ma soprattutto è prezioso perché aprendo il mondo chiuso degli ebrei ortodossi di Brooklyn , facendoci familiarizzare con il loro universo permette di superare le barriere culturali per ribadire l’universalità del sentire umano. È inoltre un’interessante e presumo autobiografica riflessione sulla tensione creativa, sull’essere artista, sul rapporto realtà e rappresentazione, sulla funzione dell’arte, sul rapporto, infine, tra l’artista e le sue opere.

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Commenti

6 risultati - visualizzati 1 - 6
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Ciao Laura.
La tua bella recensione e la valutazione mi fanno capire che il libro è stato molto apprezzato. Concordo, come già tu sai.
Ho saputo che Potok si dilettava anche come pittore. Sicuramente era un buon conoscitore dell'arte e possedeva un'ottima sensibilità per la pittura: questo è facilmente deducibile sia da questo romanzo sia da quello che rappresenta le vicende successive dello stesso giovane protagonista ("Il dono di Asher Lev").
Molto riuscita, nei due testi, l'enigmatica e un po' misteriosa figura del Rebbe, discreto e lungimirante.
Bella recensione, Laura. Di Potok ho letto Danny l'eletto che mi è piaciuto molto. Terrò presente anche questo.
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siti
07 Febbraio, 2016
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Ciao Emilio, forse il più bello in assoluto, per me ma quanto dolore. Potok produce in me un effetto lacerante a livello emotivo, a fine lettura sono come distrutta, passando precedentemente per una galleria di emozioni vivide e reali. Che potere di scrittura e quale conoscenza dell'animo umano. Per il resto sì, so del suo amore per l'arte, ho letto che il suo primo approccio fu pittorico e, trovando le stesse resistenze del suo Asher, si dedicò alla scrittura appianando progressivamente i conflitti in famiglia.
Ho a casa il proseguo ma non trovo ora la forza necessaria per leggerlo.
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siti
07 Febbraio, 2016
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Grazie Anna Maria, te lo consiglio caldamente. come già detto in risposta ad Emilio, per me questo è il più bello.
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Emilio Berra  TO
07 Febbraio, 2016
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Laura, hai letto "l'arpa di Davita" ? Se sì, che cosa ne pensi? Se no, ritengo possa piacerti.
Il proseguo di "Asher..." è comunque decisamente meno drammatico.
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siti
07 Febbraio, 2016
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Sì Emilio, l'ho letto e recensito. Mi era piaciuto molto e vi trovo molti punti di contatto con questo romanzo. La solitudine del figlio dentro la coppia genitoriale, lo sfondo socio-politico, la carezza della storia sicuramente pervadono i due scritti ma questo ha un'intensità per me eccezionale.
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