Dettagli Recensione
Neku.
Alma Belasco, settantottenne all’inizio del romanzo e ottantaduenne alla sua conclusione, è una donna che nulla si è risparmiata nella vita. Artista più che benestante, aristocratica e supponente, vive a Lark House da alcuni anni quando decide, dopo una perseverante osservazione, di affiancarsi di Irina Bazili, ventiduenne ab initio ventiseienne al termine dell’opera, una giovane moldava di piccola statura e non particolarmente bella, ma dal cuore d’oro e l’animo gentile. Seth, il nipote venticinquenne dell’anziana, ben presto si innamora di questa fuggitiva ragazza, un sentimento che coltiverà per anni prima di riuscire a convincere l’assistente a lasciarsi andare, un’ombra oscura del passato impedisce infatti a questa di innamorarsi e lasciarsi amare.
Il romanzo si snoda tra i tre personaggi e l’alternarsi delle voci narranti delle due donne. La coppia di giovani ben presto si rende conto che Alma ogni giovedì riceve delle misteriose missive e delle gardenie da uno sconosciuto ammiratore, rapidamente la curiosità prende il sopravvento tanto che decidono di far luce sulla vicenda. Da questo momento il testo è un continuo mixarsi di presente e passato, pian piano si scopre di come la Mendel sia giunta all’età di otto anni negli USA, di come sia riuscita a scampare alla persecuzione nazista viste le sue origini ebraiche e di come nella sua vita il grande amore sia stato la colonna portante di tutto. Ichimei Fukuda, figlio del giardiniere della famiglia Belasco e botanico a sua volta, nonostante tutti gli alti e bassi, allontanamenti e riavvicinamenti è l’unica vera costante della sua esistenza insieme al marito-amico Nathaniel Belasco. All’intreccio narrativo si aggiungono, oltre ai continui sbalzi temporali, anche innumerevoli personaggi, ognuno con la sua storia, la sua sfortuna, il suo melodramma.
Stilisticamente parlando il romanzo è fluente seppur prosaico e talvolta farraginoso. Per le prime 60 pagine si fa quasi fatica a star svegli, la parte centrale accellera e trascina il lettore per poi rirallentare nelle ultime 75. L’Allende si perde in descrizioni superflue, dialoghi evitabili, personaggi incongruenti e numericamente di troppo. Dal punto di vista contenutivo lo scritto è ricco di tutto il contenibile: dalle persecuzioni dei giapponesi a Topaz, alla droga, ai gay e al periodo dell’abnegazione dell’AIDS come malattia e alla sua concezione di “marchio” per crimini immondi o fuori dal moralmente lecito, allo sfruttamento minorile, alla prostituzione, all’eutanasia, all’ostentazione della ricchezza in barba a chi non ha niente, all’amore e alla sessualità in età senile, e chi più ne ha più ne metta.
Vi chiederete allora: qual è l’elemento no che non fa funzionare il libro? Il problema principale, almeno a mio avviso, risiede nel fatto che in primo luogo l’amore tra Ichimei e Alma è percepito come inverosimile, è caratterizzato infatti da tante di quelle incongruenze che difficilmente sarebbe plausibile identificarlo nella realtà. La storia perde così di concretezza ma anche di autenticità fino a sembrare inesorabilmente “costruita a tavolino”. Non solo, altra questione non indifferente è radicata negli stereotipi borghesi che vengono ostentati tanto che difficilmente ci si può immedesimare nella protagonista. Non la si odia, ma nemmeno la si ama.
I lati meglio riusciti del testo sono quelli a cui l’autrice dà meno risalto, su cui la stessa poco o nulla si sofferma. Tra questi come non riflettere sulle condizioni dei nipponici nella società americana negli anni del Secondo Conflitto Mondiale prima, dopo e durante il confino nei campi di concentramento, o ancora come non riflettere su quell’età in cui anche compiere i più piccoli gesti diventa complesso fino a perdere se stessi in sé stessi, o ancora come non concentrarsi su Irina voce di questi anziani nonché anima alla ricerca del perdono e bisognosa di amore semplice e genuino.
Tutto questo fa si che l’attenzione si condensi su elementi che sminuiscono la trama, la trasmutano al livello di un romanzetto rosa poco riuscito fino ad arrivare a pensare che sia un elaborato scritto più per ragioni consumistiche che per trasmettere qualcosa.
Da non cassare completamente per la parte del racconto relativa all’anzianità, ad Irina e la riscoperta di sé stessa e per l’aspetto storico relativo alla deportazione ma anche cultura giapponese, evitabile per il resto. Se decidete di leggerlo fatelo con la consapevolezza di non trovarvi dinanzi ad un capolavoro, bensì ad un testo con cui passare qualche ora ma incapace di lasciare il segno.
«A qualsiasi età è necessario uno scopo nella vita. E’ la cura migliore contro molte malattie»
« Per quale motivo credi che abbia messo in piedi l’ambulatorio del dolore? Perché il dolore condiviso è più sopportabile. L’ambulatorio serve ai pazienti. Ma più ancora serve a me. Tutti abbiamo dei demoni nascosti negli angoli più remoti dell’anima, ma se li portiamo alla luce, rimpiccioliscono, si indeboliscono, tacciono e alla fine ci lasciano in pace»
«”La felicità non è per tutti Cathy”. “Certo che lo è. Tutti nasciamo felici. Lungo la strada la vita ci si sporca, ma possiamo pulirla. La felicità non è esuberante né chiassosa, come il piacere o l’allegria. E’ silenziosa, tranquilla, dolce, è uno stato intimo di soddisfazione che inizia dal voler bene a se stessi. Tu dovresti volerti bene come te ne voglio io, e come te ne vogliono tutti quelli che ti conoscono, in particolar modo il nipote di Alma”»
«Mi hai spiegato che dalla quiete nasce l’ispirazione e che dal movimento scaturisce la creatività. La pittura è movimento, Alma, ecco perché mi piacciono così tanto i tuoi disegni recenti, sembrano eseguiti senza sforzo, benché sappia di quanta quiete interiore ci sia bisogno per raggiungere quella tua padronanza del pennello. Mi piacciono in particolare i tuoi alberi autunnali che lasciano cadere le foglie con grazia. Ed è proprio così che desidero liberarmi delle mie foglie in questo autunno della vita, con facilità ed eleganza. Perché attaccarsi a qualcosa che comunque perderemo? Probabilmente mi sto riferendo alla giovinezza, così presente nelle nostre conversazioni»
Indicazioni utili
- sì
- no
no = a chi al contrario ama le storie ricche di contenuto e capaci di lasciare il segno.
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
Rispetto all'amore tra Alma e Ichimei ho preferito quello relativo ad Irina semplicemente perché più plausibile nonostante le varie lacune strutturali che giustamente hai evidenziato. Che poi oggettivamente, su questa coppia poteva soffermarsi un po' di più, dargli più spazio, renderla più concreta visto che i presupposti li aveva (al contrario della protagonista che si basa su un fuoco fatuo INVEROSIMILE sin dal momento della sua nascita. Ma ven via!).
Mi rispecchio interamente nelle tue parole, peccato per l'Allende che ha palesemente scritto per ragioni consumistiche e non per la gioia di condividere emozioni. Il mero Dio mercato...............
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Molto bella la tua analisi, di cui condivido sostanzialmente tutto.
Anche l'amore fra il nipote ed Irina è assai poco verosimile, non sufficientemente motivato. Ci sono anche proprio carenze nella struttura del romanzo. Come hai detto tu, perfino l'asse portante della storia, l'amore della protagonista per il giapponese, è reso in modo poco verosimile, 'scritto a tavolino' malamente.