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Rinascite
Marilyne Robinson è una donna, di fede protestante calvinista, che scopro sapiente autrice di una scrittura spirituale, commovente e pacificata, nella storia di formazione . La protagonista, voce narrante, si trova a Gilead, luogo immaginario e biblico del Midwest, nel 1956.
Il romanzo racconta le nascite di Lila: la prima volta, in una capanna senza amore; in seguito, nella notte in cui Doll, dissidente, esclusa e separata sociale, la porta via avvolta nel suo grande e lurido scialle. Lila è coinvolta in relazioni pericolose, diverse, inquietanti: insieme a Doll, la vagabonda che l’ha tirata su, incontro i suoi compagni derelitti, in cerca di approdo, i miserabili e le prostitute che elemosinano e trovano il senso del prossimo, sopravvivendo alla Grande Depressione.
Lila nasce di nuovo nella notte piovosa e gelida in cui trova rifugio in una chiesa. Viene rimessa al mondo dalla nascita di suo figlio e dalla relazione con padre John Ames, settantenne pastore congregazionalista riservato e colto, amico del reverendo Robert Boughton, pastore presbiteriano. Un vecchio con una casa piena di libri e Lila, al riparo, ricuce la vita e, da pazza, ignorante e perduta, si ritrova donna incinta, creatura di gioia e di tenera saggezza.
Perché la vita è così com’è?: è la domanda dalla quale originano riflessioni e convincimenti di tutti i personaggi i quali, accogliendo l’incontro, si assolvono e si salvano l’un l’altro. Mi attrae questa storia di vite dolorose e in disgrazia ma, serrate e confidenti, guidate dalla volontà e dalla meraviglia della coscienza. E imparo a riconoscere le vite belle attraverso la tristezza, la difficoltà, la fatica.
Le persone che non si amano chiedono agli altri un risarcimento a vita, attraverso richieste aggressive di riconoscimento, anche nel pianto. Il coltello che Lila nasconde, metaforicamente appartiene a tutti i personaggi e ricorda la minaccia perpetua della lacerazione, della separazione, dell’uccisione. Il recidere ossessivo diviene licenza di scappare e di sospendere per prevedere l’abbandono.
Invece, ogni persona del romanzo decide di restare e di sentire la paura e la vergogna che coglie tutti gli umani, tutti, in fondo, senzacasa e senza famiglia, attanagliati nell’ingiunzione di non appartenenza. Le persone aggravate dal dolore dell’esistenza finiscono per non sentirsi degne, per non fidarsi, per convincersi di non meritare nulla. La condizione di orfana riconduce alla impossibilità di recuperare le radici, il passato, le ragioni. E Lila si sente così, gettata nel mondo, ad affrontare la fatica di esistere, senza protezione.
Mi convincono i brani scelti della Bibbia (Ezechiele, Geremia, Giobbe, i brani dalle Lamentazioni), a servizio di persone disperate, sicure che “Dio ama il mondo. Dio è misericordioso.”(p.103). Per Lila, i sacramenti amministrati del battesimo e del matrimonio sono segno e viatico di grazia interiore. Ritrovo la teologia del lavoro e della rettitudine, della ricerca e della certezza, dell’incanto e della peregrinazione.
E’ un romanzo che fa della tristezza una lente d’ingrandimento, uno strumento di indagine, una modalità dolce per leggere la realtà che affligge, uno sguardo mite sull’esistenza. La vita, se consapevole, diviene felice proprio perché finita e limitata.
Nelle pagine finali, la dichiarazione “…non riesco ad amarti quanto ti amo. Non riesco a essere felice quanto lo sono.” (p.267), esprime il senso profondo della propria imperfezione. L’amore e la tenerezza parlano attraverso Lila, piccola grande terra, donna, madre e compagna.
Nella storia di Lila si celebra l’essere umano che riconosce, nella relazione, l’accettazione, l’attesa, l’accoglienza e l’accudimento di Dio verso i viventi. La vita è premurosa e le vicende riservate a ogni persona, sono il passaggio adeguato per l’espressione di sè. Allora, la lode è sempre preghiera di ringraziamento. “Abbi pietà di noi, certo, ma noi siamo coraggiosi, pensò, e folli, in noi c’è più vita di quanta ne possiamo sopportare, il fuoco si inviluppa dentro di noi. Quella pace potrebbe anche essere semplice stupore.” (p.273)
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La tua recensione è molto bella. Io non conosco ancora l'Autrice, ne ho però sentito parlare positivamente. La terrò d'occhio.