Dettagli Recensione
Il potere e la libertà
Volevo vivere fuori della storia. Volevo vivere fuori della storia che l'Impero impone ai suoi sudditi, anche a quelli perduti. Non ho mai augurato ai barbari il fardello della storia dell'Impero.
Coetzee avrebbe meritato il Nobel solo per questo libro. Il romanzo è bellissimo e ha più livelli di lettura. E' una storia d'amore per una donna, d'amore per la libertà, di rifiuto della barbarie della menzogna imposta dalla necessità di conservare un ruolo di potere, di rifiuto di un ruolo di potere (attribuito dall’Impero) che pregiudichi la libertà della coscienza. L’Impero è la nostra civiltà, la nostra nazione, la nostra fede religiosa, la nostra mancanza di una fede religiosa. Non è identificabile se non come ciò che distingue noi dagli altri.
Il protagonista è un magistrato. Una persona non cattiva che cerca di amministrare la giustizia al meglio. Ma nel suo villaggio arrivano uomini dell'esercito come il colonnello Joll e le cose cambiano. Il magistrato si rende conto che Joll usa il potere in modo arbitrario, ricorre alla tortura e all’omicidio. I soprusi sono sempre di più e non fanno che aumentare per entità e gravità. L'Impero deve essere difeso dai nemici, i barbari, gente che vive nomade sui monti con archi e frecce, lontano dalla civiltà. Il magistrato pur avendo anche lui il potere conferitogli dalla sua carica e dunque dall'impero non può opporsi agli altri funzionari. Il potere che ha è apparente: è chiaro che il magistrato è una pedina dell'impero, uno schiavo.
A questo punto il magistrato si innamora di una barbara accecata e torturata dal colonnello e la prende in casa. Forse il suo amore non è solo per la donna ma per la libertà che lei rappresenta, libertà di coscienza e libertà dalla sudditanza all’Impero. La storia è abbastanza strana: più di compassione che d’amore, e comunque senza sesso. E’ chiaro anche al magistrato che una storia d'amore per essere vera richiede pari libertà delle parti, dunque decide di riportare la ragazza nelle montagne dai suoi fratelli barbari. Il viaggio è bellissimo tra paludi, tempeste, neve. Un viaggio catartico. A quel punto le chiede di tornare indietro con lui ma lei rifiuta.
"Se lei me l'avesse detto allora e io avessi capito, se fossi stato in condizioni di capire, se le avessi creduto, se fossi stato in condizioni di crederle, avrei potuto risparmiarmi un anno di stupidi e inutili gesti di espiazione."
Al ritorno l'espiazione del magistrato continua perchè viene imprigionato e torturato in quanto accusato di intrattenere rapporti con il nemico. La prigionia e la perdita del potere e dell' autorità sono per lui liberatorie in quanto è ormai chiaro che il potere conferito dall'Impero è soprattutto una forma di schiavitù dell'anima, la peggiore forma di schiavitù.
Inizia una guerra contro i barbari nata dal nulla e apparentemente senza senso.
"L'Impero si condanna a vivere nella storia e complotta contro la storia stessa. Un solo pensiero occupa la mente sommersa dell'Impero: come non morire, come non finire, come prolungare la sua era. Di giorno insegue i suoi nemici. E' cinico e duro e sguinzaglia ovunque i suoi scagnozzi. La notte si nutre di immagini del disastro: città saccheggiate, popolazioni violentate, piramidi di ossa, ettari di terre devastate. "
In ogni caso i soldati liberano il magistrato, scappano davanti ai barbari forse in arrivo. C'è un clima da deserto dei Tartari. Solo il magistrato spera nel ritorno dei tartari, soprattutto della ragazza che ha liberato.
Il romanzo si chiude sul mondo di tranquille certezze che sta per crollare, sul salvatore armato di spade che forse arriverà dando all'uomo un'altra possibilità di costruire un paradiso terrestre.
Cade la neve, simbolo di purificazione. Il magistrato che ha sognato per tutto il romanzo una bambina che costruisce un castello con la neve osserva nella realtà i bambini che costruiscono uno strano pupazzo di neve senza braccia. La ragazza che aspetta non arriva.
"Non è questa la scena che sognavo. Come tante altre cose ormai, me la lascio alle spalle sentendomi stupido, come uno che ha perso la strada tanto tempo fa, ma continua per una via che forse non lo porterà da nessuna parte."
Il romanzo è bellissimo. La conclusione è triste: c'è lo smascheramento del potere. Chi ha potere lo ha in quanto schiavo di altri (dell'impero o comunque del suo Imperatore). Ma la strada della libertà è incerta e passa per le montagne, per le terre dei barbari aspre e inospitali senza cibo nè acqua. Lascia solo un'apertura all'umano, che è l'unica cosa in cui si può sperare.
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Commenti
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Bella e interessante la tua recensione. Non conosco il libro; considero comunque l'autore uno dei grandi della letteratura contemporanea.
Federica
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