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Alfie
Quando il piccolo Alfie giunge in quel di Edgar Road non è altro che un cucciolo di gatto disincantato e demoralizzato. Dal momento in cui ha perso la sua anziana padrona Margaret si è ritrovato a vagare per le strade della città senza alcuna educazione alla vita di strada. Sino ad allora era sempre stato un felino da appartamento cresciuto con la sua mamma umana e da Agnes, madre gatta che lo aveva adottato poco dopo il suo arrivo nell’abitazione.
I primi giorni di questa nuova realtà sono dunque per lui estremamente difficili e duri da affrontare, tanto che alterna vicissitudini con alcuni membri della sua stessa specie che gli sono ostili a momenti di comprensione con altri simili che come sono passati nella stessa situazione.
Ed è proprio grazie al suggerimento di questi ultimi che il piccolo diventa un gatto da portone. Pian piano fa della via la sua casa, conquista prima Claire, poi Jonathan, poi altre due famiglie. Decide infatti di mantenere i contatti con più nuclei familiari perché vuole evitare di ritrovarsi nuovamente senza il calore e l’affetto umano. Il suo problema nelle settimane trascorse da orfano non era infatti tanto dettato dalle ristrettezze alimentari o da difficoltà nella sopravvivenza, quel che più gli era venuto a mancare era proprio l’affetto di una persona.
Stilisticamente parlando il componimento non eccelle per erudizione e fluidità così come contenutivamente è facile individuare quale sarà l’epilogo della vicenda, ma, il dolce Alfie riesce a farsi voler bene dal lettore. Le sue avventure risultano piacevoli da leggere e costituiscono un gradevole diversivo dalla quotidianità. Non forse il romanzo più bello della categoria ma sicuramente adatto a chi cerca un testo non impegnativo con cui trascorrere ore liete.