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I dolori del giovane James
Prendete una manciata della ruffianeria del giovane Holden, aggiungete qualche fetta della banalità di Banana Yoshimoto e spolverizzate con il buonismo di Susanna Tamaro: eccovi serviti i dolori del giovane James.
Bisogna riconoscere che l'autore, forse memore di qualche lezione di scrittura creativa, mette ogni tanto a segno un passaggio efficace dimostrando spirito di osservazione e una certa ironia, ma i pochi i pregi del libro finiscono per essere fagocitati da un'inesorabile mediocrità.
Fastidioso il protagonista, James, diciottenne dell'Upper Side newyorkese che si crogiola nella sua angoscia esistenziale: “Spesso mi vengono dei malumori e ogni cosa che vedo o che penso mi deprime”.
Il problema, oltre ai soliti genitori separati e incasinati e a una sorella maggiore lunatica, è che il ragazzo anela alla solitudine perfetta in compagnia dei suoi libri preferiti. In mezzo alla gente e in particolare ai coetanei non si sente a suo agio, ma non certo per il fatto di essere omosessuale, rivelazione che concede in esclusiva a chi legge solo dopo un centinaio di pagine di sbrodolamenti postadolescenziali:
“Io sapevo di essere gay, anche se non avevo mai fatto niente di gay”.
Un puro, insomma, che nel corso della sua esistenza di creatura ipersensibile ha fatto incetta di traumi infantili e “danni irreversibili” che lo hanno bloccato, tipo il giorno in cui la maestra disse ai genitori: “E' fin troppo sveglio, e non gli giova” (sua madre, per giunta, non gli spiegò cosa significasse).
La sua intelligenza finisce per disarmare anche la psicoterapeuta da cui i genitori preoccupati lo costringono ad andare, e proprio da queste sedute psicoanalitiche, campate in aria più di tutto il resto, emerge l'inadeguatezza dello scrittore, incapace di dare un tocco di originalità alla trama che si avvita su se stessa in una sfilza di resoconti autoreferenziali e noiose digressioni.
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Ciao :-)
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Ho tentato di leggere un libro dell'autore, ma non l'ho terminato per noia. Comunque m'è parso molto carente nello stile, piatto, ad un livello non letterario.