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Mille splendidi soli
 
Mille splendidi soli 2015-12-20 14:54:26 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    20 Dicembre, 2015
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Il mondo da una grata

"Come sei stupida! Pensi di contare qualcosa per lui, di essere gradita in casa sua? Pensi che ti consideri una figlia? Che ti accoglierà in famiglia? Ascolta bene. Il cuore dell'uomo è spregevole, spregevole, Mariam. Non è come il ventre di una madre. Non sanguinerà, non si dilaterà pre farti posto. Solo io ti voglio bene. Non hai altri che me al mondo, Mariam, e quando io non ci sarò più, tu non avrai più niente. Più niente. Tu non sei niente!"
Chi pronuncia queste parole è Nana, madre di Mariam: entrambe vivono in una kolba, una casa di campagna potremmo definirla, alla periferia di Herat in Afghanistan, gentilmente concessa loro da Jalil, il padre di Mariam, uomo ricco e potente, uno dei più influenti nella città di Herat e che proprio per tale motivo deve nascondere agli occhi degli altri i suoi peccati, la sua colpa, il disonorevole frutto del suo rapporto carnale con una serva, la sua serva Nana.
Così Mariam sin da piccola cresce con la consapevolezza di essere una harami, una figlia illegittima, uno sbaglio, una nullità, "Tu sei niente" le ripete continuamente la madre.
Ma Mariam è una ragazzina e lei vede il mondo con gli occhi ingenui della sua età, il suo cuore è ancora intatto, non conosce odio, vendetta, ipocrisia, è solo un ricettacolo di amore e speranza.
E svaniscono alle orecchie di Mariam le dure parole della madre quando ogni giovedì vede il padre Jalil che la raggiunge alla kolba per trascorrere con lei qualche ora del suo tempo, giocano insieme, ridono, parlano e a Mariam sono sufficienti quelle poche ore di felicità per convincersi che il mondo non sia così ostile come lo descrive Nana.
Forse ha ragione suo padre, Nana è malata, è stata colpita da uno jinn, uno spirito maligno, per questo dice tutte quelle cattiverie, per questo c'è tanto risentimento nel suo cuore.
Un giorno però Mariam, spinta dal desiderio troppe volte represso di conoscere il resto della sua famiglia, i fratelli e le sorelle nate del matrimonio di Jalil con altre tre mogli, decide di superare i confini della kolba, guadare il torrente per giungere così a Herat, una città tanto vicina alla kolba quanto sconosciuta ai suoi occhi, spingendosi sino alla casa del padre Jalil: una casa enorme, favolosa, come mai avrebbe neanche potuto immaginare, ma con un portone chiuso, chiuso su ordine del padre che lei intravede dietro la tenda di una finestra mentre cerca di nascondersi dal suo sguardo implorevole, che chiede solo di entrare per salutarlo e conoscere la sua famiglia.
Solo in quel preciso momento, Mariam capisce: capisce che quella non è la sua famiglia, che la madre aveva ragione, ha sempre avuto ragione, lei è una nullità, è niente agli occhi del mondo.
E questa dolorosa constatazione si palesa nella vita di Mariam con un impatto devastante come quello di un meteorite, sgretolando in una reazione a catena tutti i suoi sogni, le sue ambizioni per il futuro: avrebbe voluto proseguire gli studi, frequentare una scuola e poi viaggiare, esplorare il mondo intero, quanti luoghi avrebbe voluto visitare.
Invece, tornata a casa, trova la madre appesa ad un albero e ne subisce i sensi di colpa per averla indotta al suicidio col suo comportamento ostile e ribelle; poco dopo, neanche quindicenne, viene data in moglie ad un calzolaio di Kabul, Rashid, un uomo irascibile, violento, ai cui occhi una donna è un essere indegno di qualsiasi forma di rispetto, un corpo su cui soddisfare i propri istinti sessuali, un corpo da preservare dagli sguardi altrui non perchè prezioso bensì perchè proprietà esclusiva del marito, un corpo che deve dedicarsi esclusivamente alle faccende domestiche e alla preghiera.. un corpo che perde valore e merita di essere sostituito non appena si scopre incapace di generare un erede maschio o non appena diventa 'vecchio' e ci sia un corpo più giovane da sposare, come quello di Laila.
Laila, scampata miracolosamente all'esplosione di un razzo che ha distrutto la sua casa a Kabul, uccidendo i suoi genitori, si ritrova sola e gravemente ferita dopo essere stata estratta dalle macerie proprio da Rashid che la porta a casa sua per curarla; ma non c'è compassione ed altruismo nel suo atto, non c'è amore, solo un crudele opportunismo e viscido cinismo. Rashid gode nell'umiliare Mariam dinanzi alla giovane e bella Laila:
"Se fosse una macchina, sarebbe una Volga. Tu invece sei una Mercedes. Una Mercedes nuova di zecca."
E' sconcertante la violenza psicologica e fisica che Mariam prima e Laila dopo saranno costrette a subire; tanto più sconcertante se si pensa che le vicende narrate nel romanzo non sono reali solo perchè fanno riferimento a personaggi inventati, ma potrebbero esserlo in quanto riflettono esattamente quella che è la condizione della donna nella società afghana.
E da uomo provo vergogna e sdegno: la violenza sulla donna è un atto deprecabile a priori, come qualsiasi atto di violenza, indipendentemente dalla società o religione di appartenenza.
Ma quello che trovo assurdo è che questa violenza venga tutelata e quasi imposta come diritto dell'uomo attraverso leggi e regole dettate in nome di un dio che invece dovrebbe esaltare la vita ed il rispetto della vita.
E' assurdo che non un uomo, due, tre, ma un intero popolo, una società di persone nel secondo millennio siano testimoni passivi di una tale ingiustizia basata su una follia di fondo, su un inconcepibile diritto di supremazia dell'uomo ed annullamento della donna che trova un paragone solo nello sterminio degli ebrei da parte del regime nazista, anch'esso alimentato da una folle pretesa, la purezza genetica.
"Imparalo adesso ed imparalo bene, figlia mia. Come l'ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell'uomo trova sempre una donna cui dare la colpa. Sempre. Ricordalo, Mariam."
E in tutto ciò c'è solo da ammirare la forza di sopportazione, la strenua resistenza delle donne che subiscono un tale sopruso, la negazione assoluta della propria libertà personale e dignità umana e nonostante tutto non voltano mai le spalle alla vita, non cedono alla disperazione anche quando la guerra, i bombardamenti, la fame rendono ancora più buia e precaria la loro esistenza.
Se mi capitasse di incontrare per strada una donna col burqa non potrò fare a meno di pensare a Mariam e Laila e alle migliaia di donne afgane costrette a spiare il mondo da quella grata senza mai alzare lo sguardo; ma a cui nessun burqa, nessun uomo, nessun assurdo precetto religioso potrà mai nascondere la luce di quei mille splendidi soli che accendono una speranza nel futuro, che rendono la vita degna di esser vissuta.
Un romanzo bellissimo, una lettura che consiglio vivamente: anche per l'ottimismo, il messaggio di speranza che lo stesso titolo trasmette e che fa bene a chi legge.
Per questo motivo preferisco non associare a tale messaggio un'implicazione politica, preferisco non accostare tale ottimismo alla fine del potere talebano dopo l'arrivo delle Nazioni Unite in Afghanistan, una conseguenza facilmente ipotizzabile essendo l'autore uno scrittore statunitense di origini afgane, inviato in Afghanistan dell'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Forse questo romanzo avrebbe avuto un epilogo diverso se a scriverlo fosse stato un afgano non trapiantato in USA, forse alcune considerazioni sulla guerra e sulle cause che l'hanno determinata sarebbero state esposte in modo diverso; ma non importa perchè non è la guerra la protagonista di questo romanzo: è la donna.
"Una volta Nana le aveva detto che ogni fiocco di neve era il sospiro di una donna infelice da qualche parte del mondo. Che tutti i sospiri si elevavano al cielo, si raccoglievano a formare le nubi e poi si spezzavano in minuscoli frantumi, cadendo silenziosamente sulla gente. "A ricordo di come soffrono le donne come noi" aveva detto. "Di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso".

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Commenti

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Salve Vincenzo.
Bellissima la tua recensione. Condivido pienamente la tua posizione sulla questione trattata, come persona e come uomo.
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Vincenzo1972
20 Dicembre, 2015
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Grazie mille Emilio
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