Dettagli Recensione
Riflessione sull'arte
“Anche quando spingeva la sua prosa parabolica ai suoi estremi limiti, le metafore di Malamud suonavano come antiche massime.”
Philip Roth
Nel 1969 Malamud pubblicò dei racconti organizzati in una sorta di mostra di vari ritratti aventi come protagonista un unico personaggio: Fidelman. Nello specifico sono sei testi autonomi ma costituenti in lettura progressiva un romanzo vero e proprio, il più originale dei Bildungsroman da me finora letti.
Fidelman pittore fallito, ebreo, giunge dallo stato di New York a Roma. Alla stazione Termini viene subito tallonato da un altro povero ebreo che insistentemente gli chiede un abito; il suo rifiuto innesca l’azione basata su una situazione paradossale e surreale che richiama alla memoria nomi quali Kafka e Buzzati. Battendo la contaminazione fra generi letterari e giungendo ad un epilogo simbolico dalla morale implicita, Malamud mi stordisce con quella che definirei una parabola rovesciata.
Il secondo racconto vede il protagonista assoluto ancora dimorare a Roma, lì cercare un appartamento e stabilirvisi. Abbandonata la vena creativa che momentaneamente lo aveva reso scrittore novello, torna alla pittura ma gli manca l’estro creativo: la conoscenza della storia dell’arte mina la sua originalità. Si innamora di Annamaria e il ritratto di lei lo introdurrà nel suo talamo assai frequentato;l’approccio sessuale sarà dei più disastrosi salvo poi...Malamud quanto mi ricordi le atmosfere di certi film di Fellini!
Fidelman giunge poi a Milano. Ora è alla mercé di Angelo e Scorpio che gli propongono il colpo del secolo. A lui spetta il compito di falsare un’opera d’arte, ha delle reticenze che vengono accomodate da un lapidario “L’ARTE È FURTO” e in gioco c’è il riscatto della sua libertà. Il racconto diventa furto nel furto e mi sembra stavolta di vedere un episodio del cartone animato su Lupin.
Nel quarto episodio Fidelman è un “fiorentino devastato e afflitto”, lo vediamo infliggere la morte ad una sua opera d’arte che non seppe prender vita. La crisi è ancora manifesta: “ È questo il mio guaio, tutto è già stato fatto o altrimenti è fuori moda: cubismo, surrealismo, action painting. Se solo potessi immaginare che cosa verrà dopo.” Vive con una prostituta e lo tormenta l’idea che “I geni fanno i capolavori. Se non hai un grande talento la strada è difficile, il capolavoro è un miracolo. Eppure chissà come l’arte abbonda di miracoli”.Tutta la novella è intrisa di riflessioni sul processo creativo e sull’arte. Ancora una volta il finale lascia perplessi ma divertiti...naturalmente Fidelman ha la peggio.
Il nostro antieroe è poi votato alla scultura: crea buchi nella terra e queste sono le sue opere d’arte. Ciò diventa il pretesto per toccare un’altra questione spinosa: forma e contenuto hanno la stessa valenza? Il tono della quinta tappa è sincopato, la narrazione surreale, l’ironia sempre gradevole. Io mi ci sono persa dentro.
Terminiamo l’avventura italiana con un Fidelman vecchio e ancora ex pittore che viene in un certo qual modo liberato dalla sua ossessione perché è più saggio “non sprecare la vita facendo quello che non sai fare”.
Questa produzione fu accompagnata da eccellenti stroncature, fu vista come un elemento di rottura rispetto agli scritti precedenti; non avendo termini di confronto posso semplicemente affermare che è brillante, originale, divertente e tanto italiana. Ne consiglio la lettura inoltre perché ricca di citazioni artistiche, pullulano i nomi di artisti e opere più o meno note, argute le riflessioni sull’essere artista, sulla contaminazione arte- vita, sul processo creativo. Non so se ho reso l’idea di ciò che è il romanzo, nè presumo di averlo capito.
Ho la fortuna di dover scoprire tutto di questo autore e ne sono felicissima.
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Dell'autore ho letto solamente "Il commesso", libro che mi è piaciuto.
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