Dettagli Recensione
Un fenomeno di ogni stadio della vita
Edimburgo, Scozia. Fine anni ottanta.
Mark Renton, ex studente universitario, è irrimediabilmente sprofondato nel tunnel dell’eroina, tra maldestri tentativi di riabilitazione e puntuali ricadute.
Simon, detto Sick Boy, è il suo miglior amico. Donnaiolo infido e altezzoso quanto brillante, vive nel mito di Sean Connery e condivide con Renton la passione per la droga.
Spud è il meno sveglio del gruppo. È sensibile e riservato, caratteristiche che lo portano a farsi invischiare nei loschi traffici dei propri amici.
Infine c’è Begbie. Non si droga, ma in compenso è un sociopatico rozzo, alcolizzato e violento. “Neanche si faceva di droghe, si faceva di gente”.
“Trainspotting” narra le vicende di questi quattro giovani uomini, in un racconto originale e frammentato che alterna il punto di vista dei protagonisti.
Una scelta stilistica particolare, grazie alla quale il lettore capisce l’identità del narratore ancora prima che questo si riveli. I racconti di Renton sono imperniati di riflessioni, motivate dalla buona cultura del ragazzo. Sick Boy ha la maniacale abitudine di parlare di sé in terza persona. Spud ha un lessico sgrammaticato, mentre Begbie è inconfondibile per la volgarità dei contenuti.
L’ironia è tagliente, dissacrante, sarcastica. Unita alla follia di un gruppo di personaggi alquanto bizzarri, alleggerisce la crudeltà delle tematiche a cui gira attorno il romanzo, quali la droga, l’alcol, la disoccupazione giovanile, la difficoltà a relazionarsi con gli altri e l’AIDS, capace di instillare una vera e propria fobia generale negli anni ’80.
Ma il racconto non è mai didascalico, non si prefigge alcun insegnamento o raccomandazione né tanto meno condanna le rispettive scelte di vita. Riporta semplicemente il loro punto di vista, il tutto filtrato da un autore che sa di cosa parla, vista la vasta esperienza personale in quanto a periferie degradate e consumo di sostanze stupefacenti.
Il titolo, curiosamente, prende spunto da un episodio in cui Renton e Begbie vengono avvicinati da un barbone, alla stazione ferroviaria, che chiede loro se stiano facendo “trainspotting”, ovvero se stiano ingannando il tempo guardando i treni che passano in assenza di qualcosa di meglio da fare.
Nel 1996 il regista Danny Boyle ha tratto una versione cinematografica divenuta, in breve tempo, un vero e proprio cult.
“Non amo più niente (a parte la droga), non odio più niente (a parte le cose che possono impedirmi di procurarmela) e non ho più paura di niente (a parte la paura di non riuscire a bucarmi)”.
Indicazioni utili
Impossibile non cogliere il richiamo tematico a “ Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino “, datato 1978, altra buona lettura che si differenzia per l’ età giovanissima della protagonista e per una narrazione altrettanto realistica ma infinitamente più cupa, priva dell’ ironia di “ Trainspotting “.
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