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"Il mondo era polvere e sarebbe tornato polvere"
Non c'è niente da fare, ci sono certi libri che ti calzano come una seconda pelle, ed altri che sono come maglie strette, in cui stai così scomodo, che non vedi l'ora di spogliarti.
Per questo libro per me è stato così, non vedevo l'ora di arrivare alla fine, come un viaggio noioso in cui non si arriva mai a destinazione.
Avevo già provato un'altra volta a leggerlo e l'avevo abbandonato, poi leggendo la recensione che mi precede di Valerio, ho pensato che invece era il caso di riprovarci, ma temo che John Fante sia un po' troppo distante da me e dai miei gusti letterari.
L'autore calca, secondo me, un po' troppo, lo stereotipo dello scrittore che vive praticamente in miseria, sempre insicuro delle sue idee e del suo stile, e perennemente innamorato di una donna che lo fa soffrire.
Di molti nostri romanzi italiani, la nostra critica li accusa di essere troppo provinciali, io di questo direi invece, troppo americano, e mi ricorda molto Bukowskj.
Lo stile, una specie di monologo interiore narrato dal protagonista Arturo Bandini, alter ego dell'autore, è fluido e scorrevole, e a tratti ironico.
La storia è quella di un uomo, Arturo Bandini, che insegue il sogno di diventare uno scrittore famoso.
Un uomo che cerca il successo, che vuole distinguersi dalla massa, che vuole lasciare un'impronta nel presente perchè ne resti memoria in futuro; che insegue il denaro, ma che non sa come gestirlo; che ha una morale tutta sua; che rincorre una donna che non lo vuole e che fallirà inesorabilmente tutte le aspettative, scadendo in un percorso di vita senza speranze nè alternative.
In un continuo susseguirsi di giornate senza senso, Arturo cerca la sua strada, ma è completamente oscurato dalla voglia di arrivare e dall'amore per Camilla, perdendo di vista i suoi veri obiettivi.
Poco prima della narrazione del terremoto a Los Angeles, l'unico passo interessante di tutto il romanzo, Arturo ha una sorta di epifania, una rivelazione sul senso della vita, che preannuncerebbe una sorta di cambiamento del personaggio, ma anche qui l'autore disattende il lettore, e nonostante l'acquisita consapevolezza Arturo prosegue sulla stessa strada fino alla fine, senza far tesoro della sua esperienza.
Il libro è uscito nel 1939, e nel 2006 ne è stato tratto un film, che, ricordo solo ora, avevo iniziato a vedere qualche tempo fa . Ma anche il film l'ho abbandonato dopo una mezz'ora, quindi deduco, concludendo, che evidentemente non era nelle mie corde!
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Commenti
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Però ho letto altri commenti, che sono invece molto positivi. E, ti dirò, proprio per questi commenti mi sono "costretta" a leggerlo tutto, e ne sono comunque contenta, perchè così ho potuto farmi un'opinione personale.
Ecco perchè ne ho comunque consigliato la lettura, indipendentemente dal mio parere.
Ciao, e grazie
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Ho trovato molto bello il tuo commento. Dopo averlo letto, si è ancor più rafforzata la convinzione che questo autore non fa per me. Alcuni scrittori americani sono così pervasi di pessimismo da lasciare sbalorditi. Preferisco scrittori che aprono uno spiraglio alla luce, se non nella realtà circostante, almeno in fondo a se stessi e che sappiano trasmettere questo al lettore.