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Una bolla di felicità o il treno giusto
Marcel ha conosciuto la felicità, gli è capitata, all’improvviso e in un momento che ai più sarebbe parso quantomeno fuori luogo, eppure è riuscito a cavalcarla quell’onda e ne va fiero. Scrive perciò un memoriale e fissa il ricordo con l’unica preoccupazione di trasmettere, un domani, ai figli un’idea di sé diversa perché lui Marcel non è solo marito, padre, uomo cauto e accomodante, ma è anche colui che è stato capace, almeno una volta nella vita, di vivere appieno e di essere felice.
Fu quando le Ardenne vennero invase dalle truppe naziste, fu quando a dispetto della sua indole e della famiglia di sua moglie, ebbe il coraggio di lasciare la sua tranquillità borghese, la casa di proprietà, il piccolo villaggio per tentare la via della salvezza e trovare come profugo rifugio nel sud della Francia. Inizia così un viaggio in treno ed è questa l’immagine, la metafora, il simbolo su cui ruota l’intera narrazione.
È un treno mai uguale a se stesso, i suoi vagoni sono agganciati e sganciati a creare sempre nuove formazioni. Alcuni, quelli da carro bestiame su cui egli viaggia, rimangono fissi, altri vengono staccati: francesi, belgi, infermi, malati mentali, degenti di un ospizio evacuato, una moltitudine indistinta , alcune facce note del villaggio i compagni di viaggio.
L’itinerario non è lineare, non è prevedibile, non è noto, la destinazione per La Rochelle è chiara solo all’arrivo. Lunghe soste, scambi infiniti, percorsi alternativi, bombardamenti, inquadramenti rigidi, militari, libertà e anarchia, sono situazioni tutte verificatisi e/o verificabili per questi passeggeri. Costretti a una convivenza forzata in spazi angusti in una situazione al limite della realtà, reagiscono agli eventi, il più delle volte, abbandonandosi a bassi istinti sessuali.
Marcel, arroccato sul suo baule da viaggio, consapevole che il vagone sul quale viaggiavano la moglie prossima al parto e la figlioletta di quattro anni è stato sganciato e prosegue la sua corsa verso altre direzioni, assiste imperturbabile agli eventi. La sua decisione non viene mai messa in discussione, i suoi sentimenti sono congelati, paradossalmente non è preoccupato per sé e non è disperato per la perdita della famiglia.
La guerra, l’invasione, la fuga gli stanno regalando una bolla spazio-temporale e lui ci si infila dentro, la vive come mai era stato capace prima.
Una donna, sapremo gradualmente, ceca, ebrea, rilasciata da un carcere femminile per l’eccezionalità degli eventi in corso, emblematicamente vestita di nero, sale sul suo vagone. Non parla con nessuno, mostra vicinanza emotiva ed empatia a Marcel in occasione della perdita della famiglia e di seguito, in un arco temporale brevissimo, attrazione fisica e amore. I due si vivono come coppia in perfetta armonia e felicità- la bolla scoppia quando gli eventi permettono a Marcel, pur senza grossi affanni, di sapere che ne è stato della sua famiglia. Spinto dall’immediato desiderio di ritrovarla, consapevole che la sua bolla di felicità sta venendo meno, rientra nei ranghi della sua esistenza, quella ordinaria in cui gli eventi accadono e si vive e si ha parvenza di vita ma è solo scorrere del tempo.
Ancora un’esistenza metaforica ci regala il belga, ancora un’ansia di felicità scomoda e respingente quanto l’adulterio, il profondo tradimento della moglie, della figlia, di sé di cui si può essere capaci per assaporare un gusto della vita altrimenti inaccessibile e reso possibile solo da una situazione non ordinaria, non quotidiana ma surreale, paradossale e per questo colma di felicità.
Non nego che l’immagine del treno cui si accompagnano la corsa, gli incontri, le vicinanze, le scelte ha esercitato su me un fascino tale da rendere possibile la sospensione di quell’etica di cui normalmente sono convinta devota ( amore coniugale, fedeltà) e che la lettura non ha fatto scatenare alcun giudizio morale sulla condotta di Marcel. Simenon è riuscito, incredibile, a far entrare anche me in quella famosa bolla e a farmi gioire per quello che comunque rimane il suo ennesimo vinto.
Perdura altresì in me la convinzione che l’ordinario e il quotidiano siano la fonte primaria della nostra felicità a patto di avere avuto la fortuna di aver preso il treno giusto...
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Commenti
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Quanti libri ha scritto Simenon ?!
ottimo commento.
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