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Quando il sequel distrugge il mito
È sempre azzardato scrivere il sequel di un libro di successo. É stata una vera follia, a mio avviso, scrivere il seguito de “ Il buio oltre la siepe”, un romanzo-mito non solo per la società americana che lo ha reso lettura obbligatoria nelle scuole, ma per tutto il mondo che si riconosce nei valori di uguaglianza e libertà che in esso vengono celebrati. La letteratura conosce diversi casi di narrativa sviluppata in ampi cicli, in cui ritornano personaggi che il lettore ha amato e dei quali desidera seguire le sorti nel passare del tempo, ciò con risultati spesso deludenti. Si pensi, tanto per fare un solo esempio, al ciclo dei Rougon- Maquart di Zola. Persino il grande, eccellente scrittore francese fu meno convincente nei romanzi successivi all’Assomoir che pure seguivano le vicende della stessa famiglia.
Nel caso di “Va’ metti una sentinella” il titolo diviene ironicamente profetico, più per il lettore che per la protagonista del romanzo.
Ritroviamo, dunque, la piccola Scout, ormai donna, che rientra a Maycomb da New York per una vacanza. Il mondo intorno a lei appare ai suoi occhi in tutta la sua meschina grettezza di provincia piena di pregiudizi e di limiti. Nessuna pietà Jean Louise-Scout mostra nel giudicare anche i suoi affetti più cari. Il soggiorno nella sua città natale é l’occasione per la sua dolorosa crescita definitiva, il momento per vedere le cose nella loro giusta dimensione, nella loro vera essenza. E ciò che vede non le piace, ma sarà costretta ad accettare la realtà, perché é solo così che potrà continuare a vivere, accogliendo nel proprio cuore anche quei limiti, quei grandi limiti che scopre nelle persone che ama.
Il versetto tratto dalla Bibbia al capitolo XXI di Isaia, “Va’ metti una sentinella”, letto durante la funzione religiosa dal Signor Stone, sarà profetico per Jean Louise. Ella dovrà guardare avanti, approfondire le cose, senza fermarsi alle apparenze.
Senza voler fare dell’ironia, il dramma investe più il lettore che si era affezionato all’immagine di certi personaggi al di sopra di ogni sospetto, e che ora si trova di fronte a eroi dimezzati, che gestiscono i loro pregiudizi e con essi convivono con naturalezza.
Certo il periodo in cui il romanzo fu scritto è stato tra i più complessi per il superamento della discriminazione razziale negli Stati Uniti. Negli anni cinquanta si era in pieno maccartismo, e la caccia alle streghe e il Klu Klux Klan imperversavano e la paura del comunismo era diffusa soprattutto nel ceto borghese e benestante. Questo romanzo, dunque, scritto in quell’epoca ma pubblicato solo ora, sembra voler quasi correggere l’impostazione assai più aperta de “Il buio oltre la siepe”. C’è da chiedersi se la scelta di diffondere ora quest’opera sia dovuta a mera speculazione editoriale o piuttosto a considerazioni più speculativamente politiche.
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Commenti
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Concordo con ciò che dici nel tuo bel commento. Sfruttare il successo letterario-editoriale di un libro, sddirittura dopo tanto tempo, è veramente rischioso.
La mia esigenza di lettore è di percepire la necessità interiore di chi ha scritto il libro, coè assaporarne l'autenticità. Ovviamente ci sono storie che si snodano in più libri, come talvolta accade per Potok, Doris Lessing, Kawabata e tanti altri. Questo peché certe opere sono già concepite così oppure l'autore ha sentito l'esigenza di proseguire, perché così 'affezionato' ai personaggi da non poterli lasciare.
Qui, però, qual è la motivazione?
Personalmente sono contraria ai sequel, raramente si salvano da disastri...
Grazie per il commento preciso e onesto, io passo, rimango a Scout bambina.
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