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L'Auberge
Quello di aprire un albergo-ristorante in Francia è il sogno di una vita per gli inglesi Lorna e Paul, un desiderio a volte inconscio altre irrealizzabile che, dalla detta alla fatta, si tramuta da inattuabile fantasia a concreta realtà. Come resistere, infatti, all’acquisto quando il prezzo del bene è tanto abbordabile e la voglia di riscatto così forte? E’ impossibile.
Il piccolo paese nei Pirenei, Fogas, costituisce per i due anglosassoni una prospettiva di vita completamente nuova rispetto a quella conosciuta. Vengono a contatto non solo con una cultura diversa quale quella francese – con annesse e connesse difficoltà linguistiche – ma anche con quella che la mentalità del piccolo borgo dove la terra, la famiglia, la religione, le istituzioni, le apparenze, la paura dello straniero che con la sua presenza potrebbe danneggiare il Comune e la sua ricchezza economica, sono una costante nonché un caposaldo.
Nell’immediato i due protagonisti si imbattono in Chloé, la futura aspirante acrobata figlia di Stéphanie, e Tomate la deliziosa gatta che è solita risiedere nel giardino dell’Auberge e farsi coccolare da persone di buon cuore come la coppia di sposi.
Serge Papon, Sindaco della cittadina, si presenta ai due hoteliers palesando le migliori intenzioni quando in realtà il suo unico scopo è quello di ostacolare in ogni modo i forestieri affinché questi vendano l’attività e il Comune possa poi, con manovre opinabili, acquisirlo – anche con un’espropriazione forzata se necessario – e concederlo a quello che secondo il Pubblico Ufficiale sarebbe il legittimo proprietario: suo cognato.
Fortunatamente per i piccoli imprenditori Fogas è caratterizzata da molteplici personalità molte delle quali disposte ad aiutare incondizionatamente gli alberghieri. E così passando dalla voce di Christian Dupuy a quella di Véronique, Josette, Annie e tutti gli altri personaggi che colorano queste pagine, il romanzo scorre rapido accarezzando il cuore del lettore, facendolo sospirare (nel caso del palese innamoramento del socialista Christian e della religiosissima Véronique), ridere a crepapelle e riflettere su quante ingiustizie simili esistono nella quotidianità e di quanto al tempo stesso ancora nell’essere umano siano insiti valori e bontà.
Lo stile è semplice e genuino così come i protagonisti che vengono rappresentati. Ho riscontrato una leggera difficoltà ad entrare nel testo soltanto nella parte iniziale poiché l’autrice tende a cambiare voce e a ripartire con la successiva dai fatti narrati dalla precedente, questo talvolta non è sinonimo di chiarezza per chi legge. Tra tutti, il personaggio che ho più apprezzato per la sua autenticità è stato proprio Christian; egli rappresenta l’uomo di un tempo con principi saldi e onestà intellettuale ma anche l’uomo moderno consapevole del cambiamento e della sua inevitabilità.
Una lettura piacevole, non impegnativa e capace di catapultare il lettore in una dimensione accogliente da cui si fatica a distaccarsi.