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L'uomo che guardava passare i treni
 
L'uomo che guardava passare i treni 2015-11-22 06:05:22 siti
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5.0
siti Opinione inserita da siti    22 Novembre, 2015
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E non c'è niente da capire

Kees Popinga è uomo di spicco presso una ditta di forniture navali, conduce una vita borghese, agiata e serena, è sposato e ha dei figli. Come tanti è ingabbiato nelle relazioni parentali, il matrimonio e il contesto coniugale gli vanno un tantino stretti, ma non se ne lamenta; è ineccepibile la sua condotta di vita che scorre nella noia più totale. Forse non lo sa ancora, ma lui vive una vita che non gli appartiene. Sarà il caso a volere che il quotidiano venga infranto, che la normalità venga rovesciata e che l’impossibile diventi possibile.
Una sera incontra il suo principale che gli anticipa il crac finanziario che travolgerà la sua azienda e con essa la misera esistenza dei suoi dipendenti agiati economicamente e adagiati nei loro ruoli sociali. Che fa Popinga? Assume parte attiva nella sua esistenza e , quasi novello Mattia Pascal misto a Vitangelo Moscarda, prende il treno ed evade, scappa, va via, si reinventa, molla tutto, si gode finalmente la sua libertà. Lascia Groninga, si dirige ad Amsterdam, termina la sua folle corsa a Parigi. Dissemina il suo percorso di errori che lo trasformano in un fuorilegge senza che egli ne abbia consapevolezza morale. Si sente galvanizzato, onnipotente e tenta in tutti i modi di risalire la china della sua mediocrità che così all’improvviso gli si era parata davanti. Termina il suo rocambolesco peregrinare in modo tragicomico ritagliandosi l’ennesimo ruolo che lo porterà ad assumere l’ennesima maschera: quella della follia.
Il messaggio di fondo pare qui essere la difficoltà dell’uomo di conoscere se stesso, di convivere con la propria identità che affannosamente si costruisce per poi sentirsene da essa stritolato. L’impossibilità di essere liberi dai vincoli sociali o di mantenersi liberi nei loro confini.
Ancora una volta mi colpisce l’epilogo e mi si colma l’immaginario di un personaggio indimenticabile: un altro vinto che mi ha però portato, paradossalmente, tra i quartieri di Parigi a vedere” l’effetto che fa”, a sperimentare la libertà, a cercare di capire che non c’è niente da capire o come dice Simenon in chiusura che ”Non c’è una verità, ne conviene?”.

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Il fu Mattia Pascal
Uno ,nessuno, centomila
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Commenti

8 risultati - visualizzati 1 - 8
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Simenon è così, capace di analisi psicologiche che rendono indimenticabili i protagonisti dei suoi romanzi. Noto che anche tu sei rimasta affascinata.
commento azzeccatissimo, Laura!
è stupefacente il costrutto psicologico di Popinga
Bravissima, come sempre!
Un altro bel commento, Laura.
Un Simenon pirandelliano, dunque.
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siti
22 Novembre, 2015
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Confermo Renzo, mi ha rapita e ora sono in piena stagione Simenon. ..
In risposta ad un precedente commento
siti
22 Novembre, 2015
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Grazie Silvia, Anna Maria, Emilio, confermo la vicinanza ai temi pirandelliani in questo caso. Un saluto a tutti.
Questo e' il Simenon che meno mi e' piaciuto . Mi aveva infastidita, sebbene normalmente l'autore mi piaccia molto. Forse era il momento sbagliato.
:-)
In risposta ad un precedente commento
siti
23 Novembre, 2015
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Ciao C.U.B., io invece ho preferito questo al primo mio.
8 risultati - visualizzati 1 - 8

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