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Ritratto del tatcherismo
Davvero un grande libro. Coe è riuscito nella difficile impresa di raccontare l'Inghilterra degli anni '80, quella guidata da Margaret Tatcher - tanto decantata oggigiorno - attraverso gli occhi di chi ha subito quel periodo. L'autore ha scavato a fondo, nel torbido, nelle contraddizioni di un Paese, e lo ha fatto attraverso le vicende di una famiglia tanto simbolica quanto emblematica.
Fantastica è l'immagine della casa di campagna dei Winshaw: una sorta di castello fatiscente, che rappresenta la decadenza del Paese e della sua classe dirigente.
Dal crollo del sistema sanitario nazionale al traffico di armi passando per l'introduzione dell'allevamento intensivo, Coe denuncia i limiti e i peccati originali dell'Inghilterra come potenza industriale.
Al di là della qualità del narrato, va sottolineato lo stile con cui Coe ha dato forma alla sua opera: c'è una cura maniacale del dettaglio, tutte le parole sono al posto giusto. Di gran classe anche la sottile ironia british di cui è intrisa tutta la narrazione.
L'aspetto forse meglio riuscito, però, sono i personaggi. Difficilmente ne ho trovati di così veri.
Memorabili le ultime quaranta pagine, dove Coe sbrocca definitivamente, lasciando il lettore interdetto.