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End zone
 
End zone 2015-11-16 20:55:23 silvia t
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
silvia t Opinione inserita da silvia t    16 Novembre, 2015
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END zone

End zone è diverso da tutto quello che si può immaginare, è oltre la letteratura e il contenuto; è linguaggio e parole, è emozione che nasce dal continuo contorcersi della sintassi su se stessa.
Non c'è una trama che coinvolga o che appassioni, c'è solo una sapiente maestria nel trovare le parole giuste che creino una sinfonia piena di sussulti e vita che è davvero difficile trovare in altri autori.
Scorrendo le pagine si ha la sensazione che il suo autore sia guidato da qualcosa mentre scrive, che tutto sia in divenire e che ciò che racconta sia altro, come se quelle parole che costruiscono la storia siano criptate e che il lettore debba trovare la chiave per capirne a fondo il significato celato.
L'unico modo per lasciarsi travolgere da questo fiume in piena di termini è ascoltare e continuare comunque anche se non si capisce, anche se un intero capitolo su un incontro di football descritto con termini tecnici di cui si ignora il significato può sembrare troppo; ogni capitolo che si conclude lascia arricchiti; si esplorano campi semantici sconosciuti, associazioni di idee inedite; nonostante sia stato scritto negli anni settanta, sono i personaggi ad essere veri e profondi; descritti con la maestria della semplicità, senza invedenti particolari, solo l'essenziale è raccontato, ma quanta anima e quanta sensibilità in ogni piega dei loro dialoghi, quando appaiono attuali questi ragazzi di quarant'anni fa, con le loro paure, il loro individualismo, le loro crisi.
Vengono toccati innumerevoli temi, la guerra, lo sport, l'amore, la religione e tutto in modo lieve e profondo allo stesso tempo, deformato dalla visione di questi ragazzi le cui vite, come due biglie in movimento in una conca si sfiorano e si allontano, si urtano e si uniscono emanando un'energia tale da condizionare il mondo intorno, del tutto inconsapevoli della loro potenzialità.
Questo è uno di quei rari libri che va oltre al piano narrativo, che appare quasi banale e inutile: la stagione sportiva di una squadra di football texana.
La magia sta tutta nella realtà che descrive, nell'universalità di ciò che si racconta, di come quelle piccole vite, vissute in quelle piccole stanze diventino la Vita e la Morte e come queste pulsioni possano coesistere insieme nelle stesse persone.
Ci sono dei personaggi che non potranno mai più essere dimenticati e interi capitoli che dovranno essere riletti.
Un testo che può essere letto da tutti e che credo debba trovare la sua perfezione in lingua originale.

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Commenti

5 risultati - visualizzati 1 - 5
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Splendido commento, Silvia.
Nell'analisi dello stile dell'autore ho riconosciutio il De Lillo dei suoi libri che ho letto, "Cosmopolis" e "Rumore bianco". Conosci quest'ultimo? Che cosa ne pensi? Ad eccezione del convulso finale, l'ho trovato un libro che non lascia indifferenti per il tema che tratta in modo così incisivo e toccante.
Non ho letto niente di questo autore, ma da come lo descrivi penso che non si possa tralasciare. Bellissimo commento, Silvia, complimenti.
Non conoscevo DeLillo, sapevo soltanto che si trattava di una lettura profonda, così l'altro giorno in libreria ho visto questo titolo, l'unico presente e ho deciso di prenderlo.
Se ne rimane incantati, penso proprio che leggerò altro.

mai letto De Lillo.....
a quale filone letterario potrebbe appartenere?
In risposta ad un precedente commento
silvia t
18 Novembre, 2015
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Ad essere sincera non saprei davvero classificarlo, anche perché ho letto solo questo titolo per il momento.
Descrive il suo tempo, il nostro tempo in modo distaccato e oggettivo, quasi minimalista per quanto riguarda il contenuto, ma profondo e accurato per quanto riguarda il linguaggio.
C'è un personaggio, uno dei giocatori, che ho adorato: mette in atto un processo di disebraizzazione, che detto così fa sorridere, ma riflettendo racchiude in sé tutto il peso di un credo imposto e non scelto.
La fatica che deve fare nel togliersi le sovrastrutture sociali è davvero immane, ma DeLillo lo descrive con pochi dialoghi facendo trasparire con quello stile canzonatorio il dramma interno che lo assale.
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