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Zazie e Parigi
“…perché non si dovrebbe sopportare la vita quando basta un nulla per togliervela? Un nulla la mena, un nulla l’emana, un nulla la mina, un nulla l’allontana. Chi altrimenti sopporterebbe i colpi della sorte e le umiliazioni d’una bella carriera, gli imbrogli dei droghieri, le tariffe dei macellai, l’acqua dei lattai, i nervi dei genitori, le furie dei professori, gli strilli dei sergenti, la turpitudine degli assicurati, i gemiti degli assassinati, il silenzio degli spazi infiniti, l’odore dei cavolfiori o la passività dei cavalli di legno, se non si sapesse che la malvagia e proliferante condotta di poche infime cellule (gesto) o la traiettoria di una pallottola tracciata da un anonimo involontario irresponsabile potrebbe venire inopinatamente a far sì che tutti quegli affanni svaporassero nell’azzurro del cielo?” p.89
A Parigi la prima volta, Zazi non salirà mai sulla métro ma volendo e tentando di prenderla incontrerà personaggi surreali e stravaganti. Due giorni veloci di impertinenze e parolacce mescolate ad adulti d’infanzia e a bambini di saggezza.
Con il linguaggio derisorio e le trascrizioni fonetiche, chi legge vive episodi surreali accanto a persone libere, gioiose e tristi che accolgono le ore con leggerezza e intensità. L’esistenza come una filastrocca: la rima l’aspettiamo e ugualmente sorprende sempre.
“L’essere o il nulla, ecco il problema. Salire, scendere, andare, venire; tanto fa l’uomo che alla fine sparisce. Un tassì lo reca, un metrò lo porta via, la torre non ci bada, e il Pànteon neppure. Parigi è solo un sogno, Gabriel è solo un’ombra (incantevole), Zazie il sogno d’un’ombra, poco più di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota (oh! mi scusi)…” p.67
Alla scoperta delle varie espressioni di sé, i numerosi , ogni persona incontra la sua parte Zazie: irriverente, drammatica, ironica, scostumata e linguacciuta - ricordo il rimprovero paterno! –
- Allora, ti sei divertita?
- Così.
- L’hai visto, il métro?
- No.
- E allora, che cosa hai fatto?
- Sono invecchiata
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