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Il calore dei sensi
Nell’esistenza di ogni donna il cambiamento accade, dapprima, senza di noi, senza consapevolezza. Il corpo si racconta le ore trascorse ed è il primo ad accorgersene, esprimendo una sintomatologia che rivela memorie e desideri, che patisce inganni e delusioni, che segnala tempi, spazi e modi diversi per continuare a stare al mondo.
Le storie di Gioconda Belli sono fondamentali per generare le nuove e sconosciute parti di sé e per trasferire in parole i sentimenti, i pensieri e le scelte di quella fase della vita complessa che, velocemente e superficialmente, chiamiamo menopausa, “etichetta che sostituisce la paura di restare incinta con quella del decadimento fisico.” p.110
Emma e Fernando, i figli Elena e Leopoldo, Ernesto e Margarita, Jeanina, la signora Beatriz e Nora si offrono l’opportunità di ricontrattare con dolore e con gioia le loro vite, incrociate casualmente. Partecipiamo, onde dello stesso mare, alla espressione di nuovi io, scalzi, nudi e sicuramente liberi.
Per ogni persona, gli stessi luoghi sono ripensati, scomposti e riordinati, la mappa delle appartenenze richiede avvicinamenti, allontanamenti, intimità e assenze in una prossemica appassionata, mai così considerata.
“Il mare è un caso. Perciò lo paragoniamo alla vita.” p.216
La vecchiaia è cosa diversa che sentirsi invecchiare. Emma, la protagonista, è una borghese ben sposata, annoiata con tante energie addosso e il rimpianto di aver rinunciato alla laurea in medicina, di aver rinunciato a combattere nel Fronte Sud quando in Costa Rica l’Università era infiammata dalla Rivoluzione nicaraguense.
Emma incontra Ernesto, ebanista, ex sandinista, l’uomo che sa abbracciare con gli occhi, l’uomo che si fa strumento di curiosità, di scoperta, di coraggio, di eros.
“Eppure si accorge che c’è qualcosa di diverso in quel che prova. Il suo desiderio è controllabile. Riesce a osservarlo, a metterlo da parte, a conversare con lui senza farsi trascinare. Prova una strana sensazione di potere, si sente adulta, matura. Sorride.” p.109
Dedico la lettura di questo romanzo alle donne del club del ventaglio, alle donne della solitudine ma non isolate, a quelle che scoprono che c’è più tempo che vita (p.119), che decidono di organizzare semplicemente ciò che le circonda (p.223), che si fanno incontrare da compagnie nuove come doni, che accettano relazioni libere e liberate dalle illusioni di una borghesia mefitica e silenziosamente aggressiva, per imparare, infine, ad essere ciò che sono, oggi e nel loro posto.
“La vita di ogni essere umano è una successione di cambiamenti. Non dovrebbero essere una sorpresa, eppure lo sono sempre. la coscienza aleggia in un’atmosfera senza tempo. Scivola lungo i binari della vita come un passeggero attento che guarda fuori dal finestrino, scende in stazioni diverse, accumula o perde bagagli, conquista o scarta compagni di scompartimento. Nel turbine della vita, il corpo è un complice silenzioso. Un bel giorno, però, ci dà un colpetto sulla spalla e ci costringe a prendere atto della sua stanchezza. E, immancabilmente, la nostra mente protesta: lei, l’alata, l’inesauribile, colei che non invecchia mai, colei che è, non accetta di riconoscersi temporanea, effimera. Tuttavia l’annuncio è inevitabile, e accettarlo, ammettere la sua fragilità, è la sfida che ha bussato all’uscio più segreto della nostra Emma.”p.54