Dettagli Recensione
Le verità di Agnes, fotografia della vita.
Se qualcuno le avesse detto che sarebbe diventata nonna dopo appena tredici anni di felice vedovanza e alla giovane età di 47 anni, Agnes non ci avrebbe mai creduto. –“Chi io?”- Avrebbe risposto -“Impossibile!”-.
Con questo capitolo la nostra eroina affronta una nuova fase della sua vita, quella dell’esser nonna. Dopo aver felicemente cresciuto la sua numerosa prole di marmocchi, aver dovuto convivere con il dolore per la precoce perdita di Frankie, ed aver continuato imperterrita ogni giorno a recarsi al lavoro è giunto il momento per la donna di abbracciare, coccolare e godersi i cari nipoti.
Il problema è che con la venuta degli stessi consegue anche il dileguarsi dei suoi adorati rampolli che, ormai adulti, hanno intrapreso il loro percorso di vita con annessi successi ed insuccessi. Mark e Betty hanno ormai consolidato la loro famiglia con un delizioso bambino di nome Aaron e la certezza economica dettata dal mobilificio, Cathy si è sposata con Mick e dà alla luce Pamela ma il suo matrimonio si rivela essere infelice e scandito da indifferenza, percosse e maltrattamenti di vario genere tanto che alla fine lascerà il coniuge per un amico di vecchia data che da sempre l’ha amata (cara Agnes, ci hai visto lungo anche in questo caso), Rory e Dino continuano la loro storia d’amore tra alti e bassi, Simon convola a nozze con Fiona e dalla loro unione nasce Thomas, Trevor diventa un grande artista e riuscirà a coronare il suo sogno grazie a Dermot che dopo anni di galera si rivelerà essere un gran narratore, diventerà infatti un grande scrittore e avrà così la sua rivincita dalla vita.
Anche in questo romanzo Agnes aleggia tra le vicende che vedono quali protagonisti i suoi marmocchi. Pierre non la lascia nemmeno per un attimo, è un ottimo padre per i suoi discendenti, migliore persino del genitore naturale Rosso, è il compagno fedele e costante che ha sempre desiderato, l’ama incondizionatamente, e le sarà accanto sino alla fine nell’ultimo atto dove una riconciliazione attesa per tutto lo scritto con Dermot sarà concretizzata. Siamo alla fine cara Loretta, stai per diventare libellula..
In questi quattro romanzi abbiamo conosciuto personaggi la cui unicità risiede nella loro genuinità e nella loro autenticità; pagina dopo pagina il lettore ha la sensazione di rivivere la sua vita, di ripercorrere un sentiero che non è solo quello della famiglia Browne ma anche suo. Non è rilevante l’età di chi legge perché O’Carroll ha strutturato il componimento in modo tale che chiunque – genitore, figlio o nonno – possa immedesimarsi nei protagonisti.
Altra caratteristica peculiare riscontrata è la valorizzazione del concetto di famiglia e di amore in quella che è la fotografia di un mondo (in questo caso ambientato a Dublino) in continua evoluzione. Significativa riprova di ciò la troviamo nelle ultime battute quando il trentacinquenne Dermot con Cormac, percorrendo in macchina la strada che lo riporterà dalla famiglia, si rende conto che è stata costruita un’autostrada, una via che negli anni della sua adolescenza non c’era, ma che comunque non riesce a celare quel castagno che per tempo immemore è stato sinonimo di rifugio per lui e Bomba. Decide di portarvi il figlio e quel che vi trova è un qualcosa di indispensabile e struggente per quella riappacificazione tanto attesa.
Due sono i racconti che credo essere capaci di dimostrare la magia di questo capitolo, il primo è quello relativo alle miniature di Trevor ed il secondo concerne al contrario alla favola della “libellula” raccontata da Dermot al figlio per spiegargli della madre Mary.
Ciascuno dei romanzi di Brendan O’Carroll è contraddistinto da emozioni diverse ed è in grado di trasportare il lettore in dimensioni molteplici, non si può dire che ve ne è uno migliore o peggiore dell’altro perché ciascuno ha una sua forza intrinseca ed un messaggio di fondo da cui se ne dipanano altri.
Nel mio personale percorso li ho amati in questo ordine: “Agnes Browne ragazza”, “i marmocchi di Agnes”, “Agnes Browne nonna” e “Agnes Browne mamma”. Non c’è una ragione particolare, penso si possa dire che si tratta semplicemente di un discorso di empatia e tra tutti il primo (che per me è l’ultimo) è risultato essere quello più da sviluppare, un tantino incompleto rispetto poi al trend dei successivi. Sia chiaro, con questo non voglio dire che non valga la pena leggerlo, questa è una serie particolarmente piacevole che merita di essere conosciuta ed apprezzata in ogni suo corollario.