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Il buoi oltre la siepe
Harper Lee è un caso evidente di one-hit wonder letterario, ma bisogna essere grati a Truman Capote (la cui figura di bambino è tratteggiata nel romanzo con le sembianze dell’irrequieto Dill) che consigliò all’amica di mettere per iscritto i ricordi giovanili. Così, romanzando le memorie dell’infanzia, la scrittrice dell’Alabama ha assemblato questa storia in cui combina un racconto di crescita nel quale si trovano molte eco di Mark Twain con una sincera passione civile rappresentata da Atticus Finch, personaggio che Lee ha ricostruito attorno alla personalità del proprio vero padre (e al quale è quasi impossibile non dare l’aspetto di un occhialuto Gregory Peck). All’inizio degli anni Trenta, Scout vive con il padre avvocato e il fratello maggiore Jem in un piccolo centro agricolo dell’Alabama nel momento in cui la Depressione si profila all’orizzonte, ma non ha ancora colpito: l’amico Dill li raggiunge d’estate e insieme vivono le classiche avventure da ragazzi, con una particolare attenzione per il recluso vicino di casa Arthur ‘Boo’ Radley. L’inizio della scuola per Scout è una variante nel tran-tran, ma ciò che ne sconvolge davvero la vita fino a quel momento spensierata è la difesa di un nero, accusato di aver violentato una donna bianca, assunta da Atticus. I ragazzi vanno così a sbattere contro la grettezza e la chiusura mentale degli adulti, ma il confronto – anche con conseguenze dolorose – li fa (ovviamente) crescere liberandoli al contempo da ogni pregiudizio. La narrazione in prima persona prende per mano il lettore con decisione e lo trasporta in un’America rurale in cui tutti si conoscono, ma in cui le divisioni sociali sono quasi di casta (i cittadini, i contadini, i negri): le peripezie dei tre ragazzi, sebbene si configurino come una sorta di lunga ‘introduzione’ alla storia vera e propria che inizia con il processo, sono forse la parte più gustosa del libro. In essa, le scoperte di ogni giorno assieme alle piccole e grandi fissazioni tipiche dell’età sono raccontate con un ritmo e un equilibrio davvero mirabili (da cui le malelingue su Capote che non si è limitato a consigliare) che spingono a voltar pagina anche laddove sembra non succedere nulla aiutandosi magari con qualche ben posizionato spunto umoristico: al confronto, lo scorrere della seconda parte è un po’ meno brillante, ma senza per questo intaccare la capacità di coinvolgere il lettore. Tale coinvolgimento fa sì che solo a mente fredda si possano individuare alcuni difetti nella manichea suddivisione tra buoni e cattivi - con la linea di demarcazione che corre netta fra chi vive in paese e chi sta nelle campagne – oppure nella popolazione nera tenuta ai margini della storia come a quelli del centro abitato, ma sono aspetti che scalfiscono solo in minima parte un testo che si dimostra efficace come quando uscì oltre cinquant’anni fa. I lustri passati suppongo incidano, invece, sulla traduzione, a opera di Amalia D’Agostino Schanzer, dell’edizione che ho letto: strappano più di un sorriso Halloween che diventa festa d’Ognissanti e la musica country resa – alla lettera - come campagnola