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Un fine noir psicologico
Sull’ultima di copertina sono riportati, fra altri elementi, gli stralci di recensioni apparse su giornali francesi, in verità tutte azzeccate, ma forse la più riuscita è quella de La Provence .
In effetti, come noir è del tutto atipico, anzi l’aspetto saliente è quello di un romanzo di introspezione, che alterna momenti di ilarità con altri di profonda malinconia, ma senza che queste apparenti contrapposizioni finiscano con lo svilirne l’intima essenza, cioè la storia di un’autentica, sofferta espiazione. La drammaticità è psicologica in un uomo che arrivato a un certo punto di una vita condotta quasi nell’anonimato comincia a ricevere strani messaggi composti da due sole parole: Pagherai, szemét!. L’ultima, che è ungherese, tradotta significa infame.
E il nostro personaggio, di nome Bianco, si arrovella sempre di più non riuscendo a capacitarsi come lui, sempre attento a non urtare mai nessuno, abbia potuto compiere qualche gesto o qualche atto che possa giustificare una simile reazione.
Procede quindi a un esame a ritroso di tutta la sua vita arrivando alla sua pubertà e all’ambiente scolastico, da cui poco a poco emergono i contorni di una vicenda di cui, a distanza di tempo, prova rimorso.
Giunge a questo risultato attraverso una serie di quadri del periodo scolare che, se da un lato possono muovere alla risata, dall’altro rivelano squallori di intensa drammaticità.
Così troviamo alunni scalcinati, altri due prepotenti e sadici, un ragazzo di origini ungheresi di sicura personalità e raffinatezza, tanto da apparire nell’ambiente un pesce fuor d’acqua, e lui, il signor Bianco, che cerca di tenersi buoni tutti, soprattutto quelli che comandano e sottopongono gli altri ad angherie, fino al punto di dare il colpo di grazia a una vittima sacrificale, proprio il magiaro.
Il ripiombare, con il ricordo, nell’abiezione del proprio comportamento ingenera il rimorso e il disperato tentativo di porre un tardivo rimedio.
Giocato esclusivamente sul filo psicologico, ma con grande abilità e senza mai che ci sia una caduta di ritmo, o che si verifichino passi improvvisi che appesantiscono la narrazione, Il peggiore di tutti è un gran bel romanzo, piacevole da leggere e che fa molto riflettere.