Dettagli Recensione
Marina
Due semplici ragazzi e una dama in nero, vendette e gelosie, una farfalla nera e demoni del passato che vivono nel presente, strane marionette che prendono vita e fughe per aver salva la vita. In poche parole, Marina è questo.
Mi sono avvicinata a questo libro con un po’ di timore. Di Zafón avevo letto tempo fa il suo romanzo più conosciuto, ovvero L’ombra del Vento. Di questo ne conservo un bel ricordo ed è per questo motivo, per la paura di rimanere delusa, che ho temporeggiato su Marina. Zafón ha definito questa sua creazione come quella alla quale è più affezionato, e fin dai primi capitoli la Barcellona che prende vita tra le pagine del libro è una città più oscura, più misteriosa, userei quasi il termine gotica rispetto a quella de L’ombra del Vento. Ma gotica non è solo l’atmosfera che accompagna Óscar Drai, protagonista attraverso il quale viviamo la storia, e Marina, conosciuta per caso, lo è anche il profilo dei due personaggi intorno ai quali è costruita la storia: Michail Kolvenik e Eva Irinova.
Sembra una prerogativa di Zafón quella di creare una storia partendo da semplici oggetti. Se ne L’ombra del Vento, Daniel Sempere si trova sulle tracce del misterioso personaggio di Julian Carax per mezzo di un libro, un semplice orologio da taschino porterà Óscar a scavare nel passato di Michail Kolvenik, tracciandone, capitolo dopo capitolo, la storia e le origini di un uomo capace di essere il Frankenstein della situazione, nella Barcellona del 1979.
Riflettendo un po’ sulla storia a libro chiuso, ho trovato incredibile come un semplice uomo, Michail, possa aver condizionato molte vite, prime fra tutte quelle di Eva. Questo personaggio, se non per una breve apparizione finale, è presente solo in spirito. Ma questa notazione la riscontro anche in altri antagonisti targati Zafón, e mi riferisco sempre al Carax dell’ombra del vento.
La parte riguardante il mistero su cui si erge Marina, la storia tragica di Michail ed Eva, si conclude in uno scenario che mi ha ricordato il film Silent Hill: il fuoco che illumina Barcellona e la sua cenere che la inneva all’alba.
Poi ci sono loro, Óscar e Marina, un’amicizia profonda, un amore platonico, lealtà e simpatia. Questi due personaggi sono quello che alcune persone chiamerebbero anime affini, ma per ragioni che vengono svelate alla fine del romanzo e che lasciano quel gusto amarognolo in bocca, sta al lettore cercare il vero significato di questo legame nelle interazioni che Marina ha con Óscar.
Marina si divide tra ironia e commozione, un mix perfetto di emozioni che toccano il lettore, il quale non può far altro che immergersi nella Barcellona stregata di Zafón.
Parlando un po’ della parte tecnica, la lettura è scorrevole ed è tipico della scrittura di Zafón usare periodi brevi. In questo modo, per il lettore risulta immediato focalizzare la scena e le immagini che le frasi brevi evocano nella sua mente. Il ritmo incalzante e in certi punti vi è quella suspanse mista ad inquietudine.