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Dulcis in fundo
Romanzo della memoria, col protagonista alla ricerca della propria identità perduta in una Parigi che Modiano, come sempre, scruta in lungo e in largo in un percorso spazio-temporale.
La vicenda assume i contorni del mistery, tra decine di foto sbiadite, vaghi ricordi e testimonianze che occorre collegare con pazienza certosina, ma per buona parte della narrazione non avvince né incuriosisce, malgrado i personaggi siano ben delineati.
Saranno le tante domande senza risposta che l'io narrante si pone e che in effetti destano ben poco interesse, inserite in un contesto che al lettore resta estraneo; sarà la sfilza di vie e numeri civici parigini del presente e del passato che vengono continuamente snocciolati, quasi a voler trarre conforto da quelle certezze toponomastiche, sta di fatto che il romanzo decolla solo negli ultimi capitoli.
Qui lo scrittore dà il meglio di sé, con passaggi che restano impressi per la loro nitidezza dopo tanta nebbia, sul filo di un'emozione pudica e struggente:
“Feci un cenno a Denise che si sporgeva dal vetro abbassato. Seguii con gli occhi la macchina che si allontanava, fin che divenne un puntolino”.
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