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Quell’incantevole professore
“Sovvertimento dei sensi” di Stefan Zweig è il primo dei tre racconti che compongono la trilogia, pubblicata nel 1927, avente ad oggetto l’imprevedibilità e la forza del sentimento.
Con costruzione armoniosa fino al drammatico epilogo (“Nulla doveva, nulla poteva avvicinare il suo segreto”), “Sovvertimento dei sensi” narra la tensione emotiva che s’instaura nel rapporto tra Rolando, universitario di bell’aspetto, e un appassionato professore che, fin dal primo impatto, trasmette amore per lo studio e desiderio di conoscenza. L’intensità affettiva è bidirezionale: il professore contagia l’allievo con il fuoco sacro della passione culturale, lo studente invoglia il docente (“Gli occorreva… il nostro ardore per la sua ispirazione”) a riprendere la stesura di un’opera mai realizzata, che troverà compimento in incontri quotidiani durante i quali Rolando trascrive i contenuti sotto dettatura.
Nel corso di una delle misteriose sparizioni del professore, Rolando s’intrattiene con sua moglie e realizza così un tradimento (“Non lui, me stesso avevo derubato del mio più gran tesoro”) con il quale forse intende vendicarsi delle intemperanze subite in un rapporto tanto intenso quanto tormentato. Sino alla drammatica confessione che spiega ogni aspetto oscuro della relazione (“Lo amano appassionatamente senza riconoscere il volto d’Eros sotto la maschera dell’insegnante”) e che sospinge il lettore a paragonare mentalmente questo professore all’Aschenbach di “Morte a Venezia”.
Nel secondo racconto, intitolato “Tramonto d’un cuore”, un anziano in vacanza a Gardone intravede nottetempo la figlia uscire dalla camera di un ospite dell’albergo: da quel momento, sentendosi tradito e disprezzato, demistifica i propri sentimenti familiari (“Voi passate sopra di me come un osso sporco… Ma mia figlia, essa è graziosa e compiacente”) e precipita nel baratro dell’incuria e della follia.
Il terzo racconto, “Ventiquattr’ore della vita di una donna”, si svolge in una pensione della Riviera. Tra gli ospiti, la fuga di una donna con l’amante (“Henriette non se n’era andata sola, ma col giovane francese…”) viene vivacemente commentata (“Negavano l’esistenza del coup de foudre come un’invenzione romantica di cattivo gusto”) ed è occasione, per un’anziana aristocratica, per ricordare una notte bruciante d’amore con un giovane polacco, conosciuto al casinò di Montecarlo (“Aveva giocato come ultima posta la vita”) e strappato al suicidio. Per quel giovane, ludopatico e spergiuro, la donna avrebbe voluto commettere uno sproposito (“Il pensiero di avere per colpa propria mancato all’ultimo incontro, mi torturava ferocemente”)...
Quante manifestazioni può avere l’amore!
Chi può testimoniarlo meglio di uno scrittore che si suicidò sentendosi tradito dalla storia e dalla cultura europea?
Bruno Elpis
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Ciao!
ma prima o poi leggerò anche questo volto di Stefan!
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