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Le ceneri di Angela
 
Le ceneri di Angela 2015-08-25 09:17:15 Giulia Lisa
Voto medio 
 
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Stile 
 
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Piacevolezza 
 
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Giulia Lisa Opinione inserita da Giulia Lisa    25 Agosto, 2015
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Il ragazzo dei vicoli che vinse il premio Pulitzer

Il racconto disperato di un’infanzia infelice? Assolutamente no. Una storia vera raccontata per bocca del bambino che l’ha vissuta, dove il senso dell’umorismo e la schiettezza rapiscono il lettore, portandolo già dalla prima pagina (cosa rara e inaspettata) al fianco del protagonista, dietro i suoi occhi, fino quasi a fargli perdere la cognizione della realtà.
Quando la famiglia McCourt lascia l’America per tornare in Irlanda, Frankie è un bambino ignaro di cosa lo attende aldilà del mare.
E’ una terra fredda l’Irlanda, l’umidità si annida nelle ossa e la pioggia è un rumore a cui si finisce per fare l’abitudine, negli squallidi vicoli di Limerick.
Frankie sa come nascono i bambini: è l’angelo del settimo scalino che li consegna ai genitori. Sa anche che a volte l’umidità se li viene a portar via, questo però accade per davvero.
Poi ci sono i maestri che non perdono un’occasione per picchiarti di brutto, i preti che ti chiudono le porte in faccia perché sei povero e hai tutte le ginocchia sbucciate, la nonna che non finisce di insultarti per quella zazzera da irlandese del nord e quello sguardo strano che ti è toccato in sorte perché sei figlio di tuo padre.
E poi c’è la fame. Una delle più vive sensazioni evocate dal libro, è quella della fame: l’improvvisa scoperta da parte del lettore di essere una creatura fortunata, solo per la grazia di potersi nutrire ogni giorno a sazietà.
Entrati nell’ottica del romanzo, si vive al fianco di Frankie, quando ancora piccolo spinge la carrozzina dei gemelli piangenti per la fame, con i poppatoi pieni di acqua e zucchero e il barista impietosito li rimbocca di latte. Quando Michael, il penultimo dei fratelli, porta a casa un segugio più grande di lui e informa la madre di voler cedere la cena al cane e la mamma risponde: “Ma quale cena?”.
La vita di Frank cresce nella povertà, nel continuo terrore di sentirsi inadeguato, con un contorno onnipresente di sensi di colpa. La vita a Limerick lo soffoca, la miseria lo svilisce.
C’è solo un modo per salvarsi: fuggire, fuggire in America. Anche a costo di lavorare per la strozzina del posto, scrivendo lettere minatorie destinate a clienti inadempienti.
O magari, di tanto in tanto, rubacchiare una boccia di latte e una pagnotta consegnati dal fattorino sulle porte dei ricchi, perché: “mi dispiace per i ricchi che la mattina si alzano , aprono la porta e il pane è sparito ma io mica posso morire di fame.”
Frank Mccourt partì per l’America, ma le vicissitudini della sua vita non finirono qui.
Sta di fatto che il ragazzo povero dei vicoli di Limerick fece strada, divenne insegnante, un brillante insegnante con tutte le insicurezze che quella maledetta infanzia gli lasciò d’eredità. L’autore di un romanzo amato da milioni di lettori in tutto il mondo.

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